Fare
scuola tra le nuvole
Disteso vicino al
caminetto, Mortenson disse a Haji Ali che gli sarebbe piaciuto poter visitare
la scuola di Korphe. Vide il volto grinzoso del vecchio rabbuiarsi, ma
insistette. Alla fine, il capotribù accettò di accompagnarlo il mattino
successivo.
Dopo la solita
colazione a base di chapati e tè,
Haji Ali condusse Mortenson per un ripido sentiero fino a una vasta cengia
centocinquanta metri sopra il fiume Braldu. La vista era sorprendente, con i
giganti di ghiaccio del Baltoro superiore che fendevano l’azzurro del cielo
molto al di sopra delle pareti di roccia grigia di Korphe.
Mortenson, tuttavia,
non stava ammirando lo scenario. Era sconvolto nel vedere ottantadue bambini
(settantotto maschi e le quattro ragazzine che avevano il coraggio di stare con
loro) inginocchiati sul terreno gelato, all’aperto. Haji Ali, evitando lo
sguardo di Mortenson, disse che il villaggio non aveva una scuola e il governo
pachistano non forniva insegnanti. Un insegnante costava l’equivalente di un
dollaro al giorno, spiegò, che era più di quanto il villaggio si potesse
permettere. Così condividevano con il vicino villaggio di Munjung un
insegnante, che si fermava a Korphe tre giorni alla settimana. Il resto del
tempo i bambini venivano lasciati soli a esercitarsi.
Mortenson restò a
guardare con un groppo in gola, mentre gli studenti cominciavano il loro
“giorno di scuola” in piedi sull’attenti, intonando l’inno nazionale
pachistano.
Sfumata l’ultima nota
dell’inno, i bambini si sedettero in cerchio e cominciarono a ricopiare le tabelline
delle moltiplicazioni, la maggior parte tracciate nella terra con bastoncini
che avevano portato con sé. I più fortunati avevano tavolette di ardesia su cui
scrivevano con bastoncini intinti in una mistura di fango e acqua.
Greg
Mortenson, David Oliver Relin, Tre tazze di tè, Milano 2008, p. 51-53