La
parola rompe il silenzio. Ma lo fa anche apparire. C'era già prima (si
direbbe), ma solo ora, che non c’è più, in qualche modo lo si avverte.
Bisogna
pensare allora che ci siano diversi tipi o modi del silenzio. Per esempio: c’è un
abitante del posto che, in silenzio, sa da che parte sta la piazza con
l’obelisco. E poi ci siamo noi forestieri, che ci siamo perduti e che
dobbiamo ritrovare quella piazza e quell’obelisco per tornare in albergo.
Il nostro è così il silenzio dell’ignorante: non sappiamo dov’è l’obelisco
e non sapremmo dire come ci si arriva.
L’abitante
del luogo invece sì, lo sa: «Girate qui a destra, non a sinistra...» Le sue
parole rompono il silenzio (il suo) e così si scopre un silenzio sapiente che è
l’opposto del nostro silenzio ignorante.
Carlo Sini, Il
gioco del silenzio, Milano 2013