In tutte le culture millenarie, e
soprattutto nella maggior parte delle religioni, l’ascolto è un elemento
fondante. L’ascolto è saggezza, l’ascolto è comprensione, alle volte è
assoluzione o condanna, ma è sempre un punto di condivisione tra due persone
singole, o tra un singolo e la collettività. Si ascoltano i figli, le persone
che si amano, si ascoltano le comunità, i cittadini.
Si chiede, si valuta, si decide dopo aver
ascoltato, e non soltanto le ragioni o delle tesi ma anche qualcosa che viene
prima di tutto questo: l’essenza del vivere.
Mettersi in ascolto è mettersi in
cammino, regalare un luogo dove rifugiarsi, trovare conforto: ascoltano i
confessori, gli psicoanalisti, i saggi.
Ascoltare non è necessariamente
condividere, non è un modo per farsi approvare, per avere successo, per vincere
con le proprie ragioni. Nell’ascolto non si vince e non si perde, non è un
combattimento, non è consenso o dissenso, non è adesione o indifferenza.
Nell’ascolto e nel farsi ascoltare il
voler avere ragione, il voler colpire, impressionare, risultare popolari agli
altri, serve a poco. Perché mettersi in ascolto è percorrere una strada di
solitudine e di diversità che ci può isolare, renderci eccentrici.
Roberto Cotroneo, “Corriere della Sera”, 24 luglio 2015
