Solo
una scuola davvero libera può educare alla convivenza
Proibire d'autorità i
presepi a scuola è insensato tanto quanto imporli e infatti non c'è circolare, programma
ministeriale o linea guida del Miur che lo faccia.
Questo vuol dire che
le scuole, sulle scelte didattiche che toccano situazioni sensibili in cui sono
in gioco le identità, le appartenenze, il mobile confine fra discriminazione e
accoglienza, sono, grazie alla nostra splendida Costituzione, libere. Proprio
libere. Libere di proporre e trovare insieme a tutte le componenti della
scuola, cioè i ragazzi, i genitori, i docenti, il modo più adatto a costruire
la convivenza nelle scuole. Di fare il presepe oppure no.
Quel che capita oggi
nelle scuole è un miracolo perché malgrado i tagli di organico, per cui da anni
sono state annientate le compresenze necessarie non solo all'integrazione degli
alunni immigrati, ma anche al recupero degli italianissimi nostri studenti che
arrivano da situazione di svantaggio culturale e sociale, malgrado questo la
scuola riesce ad essere quell'ormai unico laboratorio di convivenza che
impedisce alla società presente e futura di esplodere.
Chi si è riconosciuto
amico sui banchi di scuola non si fa la guerra a vent'anni o trent'anni.
Bene, questo lavoro
richiede sapienza, lettura della realtà concreta delle classi, dei genitori,
alleanza con il territorio (Comuni, sindaci e servizi). Questo lavoro la scuola
lo fa ogni giorno, un miracolo di intrecci e alleanze che non sono buonismo ma
sapienza e anche buon senso. È un volare altissimo con mezzi limitati e
professionalità infinita.
Nel mentre che un
preside o due finiscono a luccicare per un momento sui blog, loro malgrado o
forse anche no, a combattere o sostenere il presepio a volte con motivazioni
sorprendentemente extrascolastiche, l'acrobatico miracolo di tenuta della
scuola va avanti, nella discrezione necessaria al dialogo.
È insensato pensare
che un preside vada assunto o licenziato in funzione del suo essere obbediente
agli interessi politici di un assessore regionale di turno, o di un sindaco che
minaccia controlli sulle attività natalizie delle scuole. Un delirio che
confonde competenze, nasconde opportunismi politici tanto malinconici quanto pericolosi
perché insabbiano lo spirito critico, la paziente fatica di comprendere i
fenomeni.
I presidi buoni sono
quelli nelle cui scuole l'integrazione funziona attraverso scelte pedagogiche
nate dalle condizioni oggettive della realtà scolastica. Un quarto di quanti
cercano rifugio in Europa sono bambini, il 9% dei nostri studenti ha
cittadinanza non italiana, ma in molte scuole sono il 50%, e più. Non ci sono
due classi uguali, due studenti uguali, due situazioni uguali.
È sbagliato non
permettere il presepio a scuola quando il presepio è parte integrante di un
percorso scolastico riconosciuto da genitori e bambini, fatto proprio grazie ad
appuntamenti negli anni attesi, con il corredo di canzoni e di doni scambiati
con le famiglie, il concerto organizzato dopo aver scelto canti e poesie con la
prudenza di chi conosce ambiente, persone, storia dei luoghi. E la prudenza non
è debolezza, è forza che sa tenere insieme quel che siamo e si apre a quel che
riconosciamo diverso ma parte della nostra comune umanità.
Di sicuro però sono
altrettanto sbagliate e indecenti le maleparole pelose con cui ci si appropria
della profondità di una tradizione cristiana per usarla come una clava
demagogica con cui nutrire i propri interessi politici e tentare di stordire la
nostra intelligenza.
Mariapia
Veladiano, “la
Repubblica” del 30 novembre 2015