Alexandre Jollien,
nella premessa a Cara Filosofia
afferma di aver scritto questo libro per «descrivere una condizione dello
spirito e individuare alcuni strumenti che consentano di progredire nella
gioia» e lo fa convocando alcuni filosofi ai quali si rivolge attraverso delle
lettere, alternate a sette missive alla maestra di tutti, Dama Filosofia. I
destinatari sono Severino Boezio, Epicuro, Erasmo da Rotterdam, Spinoza,
Schopenhauer, Etty Hillesum, cioè coloro che hanno costituito dei punti di
riferimento per la sua crescita interiore, coloro che l’hanno aiutato nel suo
‘dopoguerra’ a «liberare lo spirito dalle sue catene».
Alexandre Jollien è
cerebroleso dalla nascita a causa di un’asfissia provocata durante il parto dal
cordone ombelicale e ha trascorso diciassette anni in un centro specializzato
per handicappati. Ha gravi difficoltà a camminare, leggere e parlare, ma è
riuscito, con grande tenacia, a frequentare una scuola commerciale e studiare
filosofia all’Università di Friburgo e poi a Dublino. Oggi è sposato e padre di
due figli.
Aveva narrato la
propria vicenda interiore e umana in Elogio
della debolezza e poi in Il mestiere
di uomo (editi da Qiqajon), mostrando come il concetto di normalità fosse
relativo e come, nella debolezza, risiedesse la forza. Jollien parla di questo
tempo passato come del ‘tempo del combattimento’, in cui ha cercato
instancabilmente di trovare risposte a domande importanti che la vita gli aveva
messo nella mente e nel cuore. Ora, in Cara
Filosofia, approfondisce il mistero della propria e altrui vita, facendo
appello alla libertà interiore, nella certezza che sia possibile il passaggio
dall'angosciato chiedersi «Di cosa ho bisogno per essere felice?» a un
interrogativo più pacato: «Come essere felice, qui e ora?». Con l’intento, come
evidenzia il sottotitolo - Un percorso
per la costruzione del sé - di offrire uno strumento di riflessione per
dare forma a se stessi.
Jollien nel dialogo
con i sapienti, riflette sul fatto che la felicità assoluta è irraggiungibile
mentre è alla portata di ciascuno la gioia, che si può provare anche nel
dolore; una felicità qui e ora, da viversi nei piccoli gesti quotidiani.
L’autore si rivolge
anche alla Morte, in una delle lettere più toccanti e commoventi, prendendo in
considerazione il proprio atteggiamento verso la fede: «Ho l'abitudine di dire
che mi sveglio credente e mi corico ateo. Che tu mi possa cogliere al
mattino!».
Alexandre
Jollien,
Cara filosofia. Lettere di un giovane
filosofo ai grandi Maestri, Angelo Colla Editore, Costabissara (Vicenza) 2008.