A
dire il vero non siamo molto abituati a legare il termine PACE a concetti
dinamici. Raramente sentiamo dire: "Quell'uomo si affatica in pace",
"lotta in pace", "strappa la vita coi denti in pace"...
Più
consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni: "Sta seduto
in pace", "sta leggendo in pace", "medita in pace" e,
ovviamente, "riposa in pace". La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia
da camera che lo zaino del viandante. Più il comfort del salotto che i pericoli
della strada. Più il caminetto che l'officina brulicante di problemi. Più il
silenzio del deserto che il traffico della metropoli. Più la penombra raccolta
di una chiesa che una riunione di sindacato. Più il mistero della notte che i
rumori del meriggio.
Occorre
forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una
conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro
di partenza, ma uno striscione di arrivo.
La
pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e
di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti
sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la
banale "vita pacifica". Sì, la pace prima che traguardo, è cammino.
E, per giunta, cammino in salita. Vuol dire allora che ha le sue tabelle di
marcia e i suoi ritmi, i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici, i
suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste.
Se
è così, occorrono attese pazienti. E sarà beato, perché operatore di pace, non
chi pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi parte. Col
miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista, anche se mai - su questa
terra s'intende - pienamente raggiunta.
Tonino Bello