Le case abbandonate
rimasero vuote nella campagna, e per questa ragione la campagna risultò vuota.
Di vivo rimase solo la lamiera ondulata, lucida come argento, delle rimesse per
trattrici. Le trattrici erano munite di fari perché per loro non esiste
differenza fra notte e giorno, mentre i dischi dissodanti luccicano nel sole e
smuovono la terra nella tenebra.
Nelle stalle, a sera,
quando il cavallo sospende il lavoro, la vita persiste: c'è fiato, c'è calore,
c'è moto e rumore: moto d'occhi e orecchi vivi, moto e rumore di zoccoli nella
paglia, di ganasce che masticano il fieno. Nelle stalle è calore di vita, odore
di vita.
Ma quando si spegne
il motore, nella rimessa la trattrice è morta, morta come il metallo da cui
proviene. Il calore l'abbandona come abbandona i corpi dei morti. Allora il
conducente chiude le serrande di lamiera ondulata e se ne ritorna al paese,
forse a trenta chilometri di distanza, e può per settimane e mesi non tornare
sul campo, perché la trattrice è morta. Il sistema è pratico, è efficiente.
Tanto pratico, che spoglia il lavoro umano del suo sacro fascino; tanto
efficiente, che irride al portentoso sforzo della fatica umana.
E nel conducente
suscita quel disprezzo ch'è proprio del turista che visita un paese senza
capirne gli usi. Perché nitrati e fosfati non sono la terra: la lunghezza di
fibra del cotone non è la terra. Carbonio sale acqua e calcio non fanno
l'essere umano. L'uomo è sì tutte queste cose, ma è qualcosa di più, è molto di
più; e la terra è infinitamente di più che l'insieme dei suoi elementi.
L'uomo che è più
delle sue componenti, che calca la zolla coi piedi nudi, che fa deviare il
vomere per scansare una pietra, che sosta nei solchi per consumare il suo
pasto; quest'uomo che è più dei suoi propri elementi conosce e capisce questa
terra che è più delle proprie componenti.
Ma l'uomo della
trattrice, che guida una macchina morta su un suolo ch'egli non conosce e non
ama, capisce solo la chimica, e disprezza la terra e se stesso. Quando le porte
di lamiera ondulata sono chiuse, lui va a casa, e la sua casa non è la terra.
John Steinbeck,
Furore, Bompiani, Milano 1940, p. 63-64
Titolo originale: The
grapes of wrath, Copyright 1939 John Steinbeck