Uno dei grandi pericoli che abbiamo è abituarci alla croce. Non a quelle della vita che ci toccano nel vivo e si fanno ben sentire. Quelle sono nostre e ci fanno così male che perfino ci lamentiamo. Mi riferisco a quella di Cristo, a quella che vediamo entrando in chiesa o nei crocicchi delle strade. Siamo così abituati che non ci facciamo più caso.
Abbiamo perso la sensazione della sorpresa e dello sconcerto. Diciamolo pure, non ci scandalizziamo più! Eppure la croce è in sé scandalosa. Non è degna di un uomo. Se poi è Cristo a salire su questa croce è ancora più assurdo, incomprensibile, inaccettabile.
Eppure la croce sta lì, al centro delle nostre chiese, cercando il nostro sguardo. La croce sta lì, al centro della storia dell’umanità, di Cristo e della nostra. Non è possibile sfiorare con lo sguardo questo segno di morte senza che il cuore non ne sia scalfito. Un mistero vi è nascosto, un messaggio eterno di amore che grida e spesso non è capito, accolto, abbracciato. Questo legno di morte è grembo di vita, sacramento della Pasqua che unisce passione e speranza, sofferenza e risurrezione, Venerdì Santo e Primo Giorno dopo il Sabato.
Il cammino che abbiamo realizzato nelle tappe quaresimali ci hanno portati a sostare e guardare, patire e sperare, contemplare e meditare, morire e rinascere. Il Gesù morto sulla croce è già avvolto dal lenzuolo della risurrezione. E’ la vicenda pasquale di Cristo, che ci siamo allenati a fare nostra.
Auguri di una vera Pasqua a tutti voi!
don Giuseppe Alberti