Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

domenica 9 febbraio 2014

LA FINE DEI RITI – Tiziano Terzani


La fine dei riti l'ho vista realizzarsi nel corso della mia vita e, ora che guardo indietro, mi pesa aver dato, allora entusiasticamente, il mio contributo a questa grande perdita. Quand'ero ragazzo, i neonati - anche quelli dei comunisti come me - venivano ancora battezzati, ai morti si faceva ancora la veglia e un vero funerale, e i matrimoni erano una festa corale officiata non solo dinanzi al divino, ma anche dinanzi a decine di parenti e amici che diventavano così implicitamente garanti di quell'unione.
Ma io ero ribelle. Non volli sposarmi e quando lo feci, soprattutto per ragioni di assicurazione malattia, fu in fretta, quasi di nascosto, alla sola presenza dei testimoni indispensabili e davanti a un sindaco che, non volendolo democristiano, dovetti andare a cercare lontano da Firenze, nel comune di Vinci, dove di buono c'era che vi era nato Leonardo. I figli, poi, non li feci battezzare e non fui presente né alla morte di mio padre, né a quella di mia madre.
Eppure, da piccolo i riti mi piacevano e ancora oggi ricordo come una delle grandi gioie della vita la vera e propria cerimonia con cui a quattordici anni, per marcare il mio «diventare uomo», i miei genitori mi consegnarono il primo paio di pantaloni lunghi che, poveri com'erano, avevano dovuto comprare a rate. Ma il vento dei tempi tirava in un'altra direzione e io semplicemente volai con quello, dando una mano a distruggere qualcosa che non è stato sostituito con nulla, lasciando un miserabile vuoto.

Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, p. 368-369
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