C'è
bisogno di una nuova organizzazione e nuovi stimoli
Finalmente qualcuno
si sta accorgendo che la scuola media compie 50 anni ed è in crisi di identità.
Quando lo dicevamo noi, che la scuola la conosciamo certamente più dei ministri
e più di certi dirigenti scolastici, qualche rara persona intelligente ci dava
ragione.
Finalmente escono i
dati Ocse sulle competenze scolastiche (disastrosi per gli italiani) e allora
tutti spalanchiamo gli occhi. Mentre il mondo economico, bancario, politico si
deve rinnovare totalmente quasi ogni anno, il mondo scolastico si declina con due
date: la riforma Bottai, anni '40, e la cosiddetta riforma della scuola media
unica del 1963.
Cioè, a partire dal
1963 i ragazzi di allora poterono frequentare la scuola dell'obbligo unica in
sostituzione del doppio binario: scelta tra avviamento professionale e scuola
media con esame di ammissione. Ripeto: correva l'anno 1963, cioè tempi nei quali
i nostri figli, fino a quattordici anni, erano ancora veramente bambini. Fior
di studiosi, di psicologi, di sociologi hanno prodotto migliaia di ricerche denunciando
il disagio dei ragazzi (pensati ancora come bambini), la demotivazione dei
docenti e la perdita secca di risultati rispetto all'Europa.
La media è una scuola
che ha sconvolto la sua identità, schiacciata tra la primaria e la secondaria. Denuncio,
per la millesima volta, che tutta la scuola continua ostinatamente a essere un
orto chiuso, illuminato e sacro, lontanissimo dal mondo reale, poco sacro e
poco illuminato.
I nostri figli,
entrando in quelle porte, devono regredire almeno di cinque anni dalla loro
vita reale. Fuori non esistono più i banchi, non esistono i castighi, non
esistono i voti, non esistono i compiti per i compiti, non esistono più i
bambini di 12 anni.
La divisione in
materie e l'insegnamento frontale, con decine di adolescenti schierati, fa
ridere (o meglio piangere). Se poi aggiungiamo il docente disarmato, nervoso,
"specializzato" spesso in supplenze e che a malapena ricorderà i nomi
dei suoi allievi a fine anno, ci portiamo a casa la disfatta totale.
ORARI PIÙ ELASTICI E
ARMONICI. L'adolescenza è un periodo sconosciuto negli anni '60 e a quei tempi per
i più sviluppati e svegli si parlava di preadolescenza anticipata o di
caratterialità. Qui non si tratta di denaro da spendere - perché i soldi sono
sempre i primi a essere tirati in ballo - si
tratta invece di preparazione universitaria diversa, di organizzazione delle
classi e di orari più elastici e armonici.
Rendiamo obbligatoria
l'espulsione dei banchi (e non dei ragazzi), sostituiamoli con tavoli a
quattro-sei posti, mettiamo insieme alcune classi per lezioni collegiali;
facciamo attività musicali, sportive, culturali, artigianali settimanali.
Rischiamo, perché
senza rischi non si educa.
Antonio Mazzi,
“Famiglia Cristiana”, 3 novembre 2013