Entrato nel territorio che ha Eutropia per
capitale, il viaggiatore vede non
una città ma molte, di eguale grandezza e non dissimili tra loro, sparse per un
vasto e ondulato altopiano. Eutropia è non una ma tutte queste
città insieme; una sola è abitata,
le altre vuote, e questo si fa a turno. Vi dirò ora come. Il giorno
in cui gli abitanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, e nessuno
sopporta più il suo mestiere, i suoi parenti, la sua casa e la sua vita, i
debiti, la gente da salutare o che saluta, allora tutta la cittadinanza decide
di spostarsi nella città vicina che è lì ad aspettarli, vuota e come nuova,
dove ognuno prenderà un altro mestiere, un'altra moglie, vedrà un altro
paesaggio aprendo la finestra, passerà le sere in altri passatempi amicizie
maldicenze. Così la loro vita si rinnova di trasloco in trasloco, tra città che
per l’esposizione o la pendenza o i corsi d’acqua o i venti si presentano
ognuna con qualche differenza dalle altre. Essendo la loro società ordinata
senza grandi differenze di ricchezza o di autorità, i passaggi da una funzione
all’altra avvengono quasi senza scosse; la varietà è assicurata dalle
molteplici incombenze, tali che nello spazio d’una vita raramente uno ritorna a
un mestiere che già era stato il suo.
Così la città ripete la sua vita uguale
spostandosi in su e in giù sulla sua scacchiera vuota. Gli abitanti tornano a
recitare le stesse scene con attori cambiati; ridicono le stesse battute con
accenti variamente combinati; spalancano bocche alternate in uguali sbadigli.
Sola tra tutte le città dell’impero, Eutropia permane identica a se stessa.
Mercurio, dio dei volubili, al quale la città è sacra, fece questo ambiguo
miracolo.
Italo
Calvino,
Le città invisibili, p. 70-71