Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

venerdì 30 novembre 2012

LE LEGGI DI UTOPIA - Tommaso Moro (1478-1535)



Gli Utopiani hanno ben poche leggi, perché pochissime bastano a uomini così organizzati. Essi pensano che sia somma ingiustizia il legare gli uomini con leggi o troppo numerose per essere lette, o troppo oscure per potersi capire da chiunque.
Oltre a ciò non ammettono assolutamente avvocati, che trattino cause con astuzia o discutano cavillosamente di legge: pensano infatti che sia utile per ciascuno il discutere da sé la propria causa davanti al giudice dicendo a quest’ultimo ciò che avrebbe dovuto dire al difensore. In tal modo ci saranno meno giri e rigiri e più facilmente si caverà di bocca la verità. Sentendo ciascuno difendere se stesso senza essere stato prima ammaestrato, il giudice pondera accuratamente ogni cosa e, contro i raggiri dei furbi, viene in soccorso delle nature più ingenue. Agli altri popoli, questo è molto difficile da eseguire in mezzo a un gran cumulo di leggi intricatissime.
Del resto in Utopia, ognuno è esperto di legge: sono infatti ben poche, come ho detto, e poi quanto più semplici sono le interpretazioni, tanto sono ritenute le più giuste.
E’ chiaro che, essendo tutte le leggi promulgate al solo scopo di ricordare a ciascuno il proprio dovere, un’interpretazione troppo difficile servirebbe di avviso a ben pochi, perché pochi sarebbero quelli che la capirebbero, mentre il senso più semplice e ovvio è alla portata di tutti. 
Tommaso Moro, L’Utopia, [1516], Bari-Roma 1993, p. 102-103
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