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mercoledì 10 ottobre 2012

ARRIVO IN KIRGHISIA - Silvano Agosti



Cari amici,
non sono venuto in Kirghisia per mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso.
Improvvisamente ho assistito al miracolo di una società nascente, a misura d’uomo, dove ognuno sembra poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è utopia, ma un bene reale e comune.
Qui sembra essere accaduto tutto ciò che negli altri Paesi del mondo, da secoli, non riesce ad accadere.
Arrivando in Kirghisia ho avuto la sensazione di “tornare” in un luogo nel quale in realtà non ero mai stato. Forse perché da sempre sognavo che esistesse.
Il mio strano “ritorno” in questo meraviglioso Paese, è accaduto dunque casualmente.
Per ragioni tecniche, l’aereo sul quale viaggiavo ha dovuto fare scalo due giorni nella capitale.
Qui in Kirghisia, in ogni settore pubblico e privato non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività, all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili.
La produttività si è così triplicata, dato che una persona felice sembra essere in grado di produrre, in un giorno, più di quanto un essere sottomesso e frustrato riesce a produrre in una settimana.
In questo contesto, il concetto di “ferie” appare goffo e perfino insensato, qui dove tutto sembra organizzato per festeggiare ogni giorno la vita.
L’attuale concetto occidentale di ferie, invece, risulta feroce, quanto la concezione stessa del lavoro, non soltanto perché interferisce in modo profondo con il senso della libertà, ma perché ne trasforma e deforma il significato. Nel periodo di ferie, milioni di persone sono obbligate a divertirsi, così come nel resto dell’anno sono obbligate a lavorare senza tregua, a sognare di trovare un lavoro o a guarire dai guasti e dalle malattie, causate da un’attività lavorativa coatta e quotidiana.
Questo meccanismo delle otto ore di lavoro ogni giorno, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi, depressioni, malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre l’occasione della vita.
La proposta risanatrice di questi invisibili orrori, si è risolta nello Stato della Kirghisia, dove sono state realizzate una serie di riforme che in pochi anni hanno modificato le abitudini e i comportamenti dei suoi cittadini.
Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, dalla Prima lettera
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