Cari amici,
non sono venuto in
Kirghisia per mia volontà o per trascorrere le ferie, ma per caso.
Improvvisamente ho
assistito al miracolo di una società nascente, a misura d’uomo, dove ognuno sembra
poter gestire il proprio destino e la serenità permanente non è utopia, ma un
bene reale e comune.
Qui sembra essere
accaduto tutto ciò che negli altri Paesi del mondo, da secoli, non riesce ad accadere.
Arrivando in
Kirghisia ho avuto la sensazione di “tornare” in un luogo nel quale in realtà
non ero mai stato. Forse perché da sempre sognavo che esistesse.
Il mio strano
“ritorno” in questo meraviglioso Paese, è accaduto dunque casualmente.
Per ragioni
tecniche, l’aereo sul quale viaggiavo ha dovuto fare scalo due giorni nella
capitale.
Qui in Kirghisia,
in ogni settore pubblico e privato non si lavora più di tre ore al giorno, a
pieno stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le
rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla
creatività, all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri
simili.
La produttività si
è così triplicata, dato che una persona felice sembra essere in grado di
produrre, in un giorno, più di quanto un essere sottomesso e frustrato riesce a
produrre in una settimana.
In questo contesto,
il concetto di “ferie” appare goffo e perfino insensato, qui dove tutto sembra organizzato
per festeggiare ogni giorno la vita.
L’attuale concetto
occidentale di ferie, invece, risulta feroce, quanto la concezione stessa del
lavoro, non soltanto perché interferisce in modo profondo con il senso della
libertà, ma perché ne trasforma e deforma il significato. Nel periodo di ferie,
milioni di persone sono obbligate a divertirsi, così come nel resto dell’anno
sono obbligate a lavorare senza tregua, a sognare di trovare un lavoro o a guarire
dai guasti e dalle malattie, causate da un’attività lavorativa coatta e
quotidiana.
Questo meccanismo
delle otto ore di lavoro ogni giorno, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi,
depressioni, malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre
l’occasione della vita.
La proposta
risanatrice di questi invisibili orrori, si è risolta nello Stato della
Kirghisia, dove sono state realizzate una serie di riforme che in pochi anni
hanno modificato le abitudini e i comportamenti dei suoi cittadini.
Silvano
Agosti,
Lettere dalla Kirghisia, dalla Prima lettera