“Cosa significa
dunque essere anziani qui in Kirghisia?” Chiedo a una coppia, che all’apparenza
non sembra superare i cinquant’anni.
“Per noi che ne
abbiamo quasi settanta e abbiamo vissuto gran parte della nostra esistenza
prima di tutte queste riforme, significa poter godere della vita nella sua
massima estensione e pienezza.
Ogni nostra
giornata ha ritrovato il sapore dell’infanzia, con tempi e spazi privi di
confini. Ce ne andiamo a visitare le case dell’Arte dove vengono custoditi non
soltanto i capolavori, ma anche i disegni dei bambini e in questa festa di
colori perdiamo i nostri sguardi, poi incontriamo altri anziani venuti da
lontano e ci scambiamo i ricordi.
In ogni piazza ci
sono i gruppi di lettura, dove i nostri attori, a turno, leggono brani di
letteratura.
Non c’è angolo
della Kirghisia dove qualcuno non stia giocando e lo spettacolo della vita si
svolge incessantemente sotto gli occhi di tutti.
Silvano
Agosti,
Lettere dalla Kirghisia, dalla Quarta lettera