Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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giovedì 17 novembre 2011

IL PROBLEMA DELLA SCIENZA - Tiziano Terzani



Mi domandavo se la scienza alla quale mi ero affidato non fosse in fondo cieca come lo sono in una vecchia storia indiana i cinque protagonisti cui viene chiesto di descrivere un elefante. Il primo cieco si avvicina all’animale e gli tocca le gambe: “L’elefante è come un tempio e queste sono le colonne”, dice. Il secondo tocca la proboscide e dice che l’elefante è come un serpente. Il terzo cieco tocca la pancia del pachiderma e sostiene che l’elefante è come una montagna. Il quarto tocca un orecchio e dice che l’elefante è come un ventaglio. L’ultimo cieco, annaspando, prende in mano la coda e dice: “L’elefante è come una  frusta!”

Ogni definizione ha qualcosa di giusto, ma l’elefante non viene mai fuori per quel che è davvero.

Questo è il problema della scienza: è esatta, è precisa, è libera, ed è anche pronta a ricredersi sostituendo una teoria con un'altra, una vecchia verità con una nuova; ma resta, proprio perché scienza, irrimediabilmente limitata nella sua comprensione della realtà.
Guardare la realtà solo attraverso la lente della scienza è fare come l'ubriaco di Mullah Nasruddin, il mistico, mitico protagonista di tante belle, ironiche storie, originariamente mediorientali, ma ormai entrate a far parte della cultura popolare asiatica. L'uomo, dopo aver passato la serata a bere con gli amici, si accorge rientrando di aver perso la chiave di casa e si mette a cercarla nel fascio di luce dell'unico lampione lungo la strada. "Perché proprio lì?" gli chiede un passante. "Perché è l'unico posto in cui riesco a vedere qualcosa", risponde l'ubriaco.
Gli scienziati si comportano allo stesso modo. Il mondo che con i loro strumenti ci descrivono non è il mondo, è una sua parzialissima rappresentazione, un'astrazione che in verità non esiste. Come non esistono i numeri: utilissimi alla scienza, ma nella natura i numeri non ci sono.
Il mondo in cui uno si alza al mattino è fatto di montagne, di onde che sbattono spumeggiando contro le scogliere, di prati dove l'erba è verde, di uccelli coi loro gridi, di animali coi loro richiami e tanti, tanti uomini con le loro vite. E che fanno i poveri scienziati dinanzi a tutto questo? Misurano, soppesano, scoprono delle leggi, analizzano i vari aspetti delle varie manifestazioni del mondo, e di ognuna spiegano tutto, senza però alla fine spiegare nulla. E comunque prendere in considerazione solo ciò che è ovvio, semplice, ciò che viene percepito dai sensi, senza potersi occupare delle emozioni, dei sentimenti, di ciò che impercettibilmente cambia la vita di ciascuno di noi, come l'amore, o cambia il mondo di tutti, come l'ingordigia.
Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, p. 84-85
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