Chi fa un lavoro su di sé, sa che esistono due «ottave» di
qualsiasi concetto e di qualsiasi emozione. Per esempio, esiste l’amore
all’ottava bassa, che proviene dai centri inferiori e implica possesso e
sofferenza, e poi c’è l’amore all’ottava alta, che proviene dai centri
superiori e implica un cuore aperto e una comunione animica.
Medesimo discorso può esser fatto per il concetto di
accettazione. Spesso si confonde l’accettazione all’ottava alta (non oppongo
resistenza interiore a ciò che avviene, non giudico l’evento o la persona, vivo
nel flusso) con l’accettazione all’ottava bassa (qualunque cosa succeda mi deve
andar bene per forza, perché io sono un essere spirituale e gli esseri
spirituali si comportano così).
La differenza consiste nel fatto che l’ottava alta implica
sempre la capacità di cogliere l’evento da un punto di vista animico, non
mentale, ossia al di là delle apparenze, per cui le nostre reazioni saranno una
conseguenza spontanea di questa nuova visione. Il fatto di accettare qualcosa nel
proprio cuore, non implica però che il nostro atteggiamento debba essere
fatalista o che non possiamo mandare a stendere qualcuno. L’accettazione non è
sinonimo di rassegnazione e passività; questa è "l'idea
dell'accettazione", non la sua realizzazione effettiva. In altre parole,
non mi lascio rubare il portafogli solo perché “io sono nell’accettazione
totale”.
Il mio invito di oggi è a osservare quando state veramente
accettando qualcuno o qualcosa e quando invece state recitando la parte della
persona spirituale. Niente paura, fra un estremo e l’altro... c’è tutto il
lavoro su di sé che intanto procede.
Salvatore Brizzi