In questo ritorno
al mondo vitale dell’aula la progettazione è stata sottoposta a critica anche
per la sua astrattezza e deduttività.
Soprattutto nel nostro Paese si è imposto il modello per obiettivi, che
pur avendo avuto dei pregi, alla lunga ha contribuito a rendere sterile
l’attività didattica, a mettere in secondo piano la metodologia. Troppa importanza è stato assegnato al che
cosa bisogna conseguire, agli obiettivi da raggiungere,rispetto al come. Eppure il come è il luogo della didattica, il
luogo per eccellenza della scuola.
I migliori
pedagogisti ci hanno detto che l’enfasi sulla prestazione, l’accento esasperato
sull’obiettivo e sul risultato viene pagato con lo stress di alunno e docente e
con lo svuotamento di senso di ciò che si sta facendo, con l’isterilimento di
quell’attività che svolgiamo qui ed ora, nel presente.
Non si propone con
il progetto Senza Zaino il vecchio attivismo, ma certamente una rinnovata
importanza dell’attività: non va
dimenticato, infatti, che è quello che si fa a scuola che coinvolge i ragazzi e
i bambini, meno la pressione degli obiettivi e dei risultati. Paradossalmente
si hanno risultati migliori se non si incorre nel pericolo di essere
ossessionati dai risultati medesimi: è
un legge psicologica non nuova, ma che non sembra essere di casa nelle nostre
scuole.
Marco Orsi,
A scuola senza zaino, Erickson,
Trento 2006