«Vaaaiii!» gridava. Il vento gli strappò via le parole
disfacendogliele oltre la spalla come una stella filante. Gli scaturivano
gonfie e forti, quelle parole, in un boato di trionfo. Le uniche che gli
fossero mai riuscite così bene.
Pedalò giù per Kansas
Street verso il centro, dapprima piuttosto lentamente. Silver filava una volta
preso l’abbrivio, ma per prenderlo ci voleva una faticaccia e mezzo. Assistere
all’accelerazione della bici grigia era un po’ come osservare un grosso aereo
che percorre la pista di decollo. Sulle prime si stenta a credere che una
macchina così voluminosa e ciondolante possa mai staccarsi dal suolo: l’idea
sembra assurda. Ma poi scorgi l’ombra sotto di esso e prima che tu abbia tempo
di chiederti se è un miraggio, l’ombra resta indietro e si allunga e l’aereo è
in volo, lanciato nell’aria, leggero e aggraziato come un sogno in una mente soddisfatta.
Silver era così.
Stephen King,
IT, 1986, ed. it. Sperling &
Kupfer, 1987, 2013, p. 258.