Gli antichi costruirono Valdrada sulle rive
d'un lago con case tutte verande una sopra l'altra e vie alte che affacciano
sull'acqua i parapetti a balaustra. Così il viaggiatore vede arrivando due
città: una diritta sopra il lago e una riflessa capovolta. Non esiste o avviene
cosa nell'una Valdrada che l'altra Valdrada non ripeta, perché la città fu
costruita in modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio, e la
Valdrada giù nell'acqua contiene non solo tutte le scanalature e gli sbalzi
delle facciate che s'elevano sopra il lago ma anche l'interno delle stanze con
i soffitti e i pavimenti, la prospettiva dei corridoi, gli specchi degli
armadi.
Gli abitanti di Valdrada sanno che tutti i
loro atti sono insieme quell'atto e la sua immagine speculare, cui appartiene
la speciale dignità delle immagini, e questa loro coscienza vieta di
abbandonarsi per un solo istante al caso e all'oblio. Anche quando gli amanti
dànno volta ai corpi nudi pelle contro pelle cercando come mettersi per
prendere l'uno dall'altro più piacere, anche quando gli assassini spingono il
coltello nelle vene nere del collo e più sangue grumoso trabocca più affondano
la lama che scivola tra i tendini, non è tanto il loro accoppiarsi o trucidarsi
che importa quanto l'accoppiarsi o trucidarsi delle loro immagini limpide e
fredde nello specchio.
Lo specchio ora accresce il valore alle
cose, ora lo nega. Non tutto quel che sembra valere sopra lo specchio resiste
se specchiato. Le due città gemelle non sono uguali, perché nulla di ciò che
esiste o avviene a Valdrada è simmetrico: a ogni viso e gesto rispondono dallo
specchio un viso o gesto inverso punto per punto. Le due Valdrade vivono l'una
per l'altra, guardandosi negli occhi di continuo, ma non si amano.
Italo Calvino,
Le città invisibili, p. 59-60