Socrate:
Descrivimi un po’ gli educatori che ti hanno aiutato, quelli che hai
apprezzato!
Alexandre:
Ci volevano bene. Avevano fiducia in noi, nelle nostre possibilità. Senza
pretese di padroneggiare tutto, coscienti che molti elementi sfuggivano loro,
si mostravano modesti. Più pragmatici degli altri, non riducevano la realtà a schemi vuoti, a
futili teorie. Si comportavano come filosofi, lasciandosi guidare dalla realtà,
cercando molto semplicemente di capirci, ma nel miglior modo possibile.
Socrate:
Sii più concreto.
Alexandre:
Matthieu, per esempio, un carpentiere riciclato come educatore, gestiva i
problemi con semplicità. Da uomo pratico affrontava le difficoltà una alla
volta. Matthieu aveva una visione originale dell’educazione. Accordandoci
fiducia, ci invitava a scoprire le nostre illusioni, le nostre inclinazioni, le
nostre debolezze. Come te, riteneva che ciascuno avesse in sé le soluzioni e
che si trattasse semplicemente di portarle alla luce. Matthieu non sosteneva
una teoria astratta, esteriore al soggetto: ridestava in noi un sapere, delle
potenzialità intorpidite.
Socrate:
Ecco una bella definizione dell’educatore.
Alexandre:
Credo di sì... Una persona che aiuta a partorire, che interroga, che ridesta le
capacità sepolte da ostacoli diversi.
Questo modo di procedere richiede una fiducia assoluta nell’uomo, ma
anche umiltà, umiltà che permette di mantenere le distanze, di non giudicare
l’altro, di prendere coscienza che l’altro resterà sempre un individuo
irriducibile, che non può essere totalmente sottomesso, analizzato, capito.
Alexandre
Jollien,
Elogio della debolezza, Edizioni
Qiqajon, Magnano(BI) 2001, p. 66-67