Cari amici,
la descrizione di
questo mio viaggio in Kirghisia ha suscitato in voi singolari reazioni.
Mi avete inviato
messaggi pieni di entusiasmo e di incredulità, soprattutto rispetto al fatto
che in questo delizioso Paese l’economia va a gonfie vele e ognuno, qualsiasi
sia la sua attività, lavora a pieno stipendio un massimo di tre ore al giorno.
Mi dovete credere, è difficile immaginare la serenità delle persone che sanno
di avere garantiti non solo il necessario, ma anche il tempo per vivere.
Oggi ho chiesto di
visitare le scuole. Pensavo di entrare, come da noi, in grandi edifici,
suddivisi in aule, invece mi hanno portato in una decina di parchi, colmi di
bambini e di giovani intenti a giocare. Ogni parco viene denominato “la valle
della vita”. La valle della vita numero uno, numero due, etc.
Qui i bambini dai
cinque anni in su e i ragazzi fino ai sedici anni, giocano, tutto il giorno,
alla presenza di persone adulte disponibili a risolvere qualsiasi problema.
Ogni adulto si
prende cura ed è responsabile di venti tra bambini o ragazzi.
È prevista
un’interruzione a metà giornata, quando i genitori, finite le tre ore di lavoro
al mattino, raggiungono i figli e pranzano con loro, spesso trattenendosi a
giocare nel pomeriggio.
L’immagine di
questi due o tremila ragazzi, ragazzini e bambini che si divertono inventando
ogni sorta di giochi, mi ricorda le evoluzioni misteriose e spettacolari, le
danze geometriche degli storni nel cielo di Roma in autunno.
Cosa desiderano il
novantanove per cento dei bambini, ragazzi o giovani del mondo?
Desiderano giocare,
e infatti qui in Kirghisia semplicemente giocano, qui, dove tutto viene relazionato
ai desideri degli essere umani.
Silvano
Agosti,
Lettere dalla Kirghisia, dalla Seconda lettera