In Italia negli
anni ’90 dello scorso secolo si è posta una grande enfasi sull’autonomia degli
istituti scolastici. Si diceva che ciò avrebbe aperto il sistema ad una
pluralità di proposte, di sperimentazioni, di novità; avrebbe inserito elementi
di fluidità, di innovazione in un organismo che da molte parti veniva visto
come fermo, immobile, ingessato.
Tuttavia il
cambiamento è stato solo apparente, di facciata. Si è guardato all’immagine, poco alla
sostanza. L’iniziativa degli istituti si è ampliata a dismisura generando,
proprio in questi anni, un’inflazione di progetti, di azioni, programmi, ma il
nucleo centrale, il modo di essere fondamentale della scuola non è
cambiato. Il modello è rimasto
quello.
Basta entrare in
un’aula per cogliere come la rappresentazione della vicenda scolastica,
quotidianamente, spesso persegue il medesimo cliché: un sapere trasmissivo che si avvale della
tripletta spiegazione alla cattedra - compito individuale ai banchi –
interrogazione: una relazionalità
competitiva e individualistica che ha la sua centratura sulla motivazione
estrinseca data dai voti, ove prevale un approccio all’apprendimento logico –
formale, non basato sull’esperienza e sulla ricerca, che non promuove
attenzione alla dimensione vocazionale e di vita dei soggetti.
Marco Orsi,
A scuola senza zaino, Erickson,
Trento 2006