C’è un momento, nella
notte, che è un diaframma. Non è lo stesso per tutti, naturalmente. Arriva
quando il territorio della coscienza diventa indistinto, come quando in un’alba
d’inverno si cammina in campagna e la nebbia nasconde le cose in mezzo ai sogni.
In quel momento le
paure si fanno strada in mezzo alle decisioni e le sgretolano, una pietra alla
volta, per mettersi a costruire i sogni che seguiranno e che, la mattina, si
dissolveranno silenziosi.
In quel momento le
sicurezze cessano di esistere, la fame è meno urgente, perfino il dolore si fa
da parte per lasciar passare le passioni più lontane, quelle che abbiamo chiuso
dietro la porta della ragione.
Lo conoscono le
madri, quel momento, e passano la mano sulla fronte dei bambini per distendere
gli occhi e le anime, per lasciar immaginare che ci siano loro stesse dietro la
nebbia e che quindi ci si possa addentrare confortati dal ricordo della
tenerezza.
Accade che ci si
senta forti, in quel momento. Che sembri possibile abbattere gli ostacoli senza
sforzo, risolvere le questioni senza dubbi. O che ci si senta deboli, e ogni
ostacolo sembri una montagna senza appigli e senza scappatoie. Accade di aver
paura di sentirsi forti.
Di aver paura di non
farcela, a mantenere una decisione.
Ma ancor più di avere
paura di farcela.
Maurizio De Giovanni, Anime
di vetro, Einaudi, Torino 2015, p. 172-173.