Con occhi nuovi
Confesso che mi è piaciuto parecchio essere
un’insegnante popolare. Mi sono divertita a essere l’anticonformista che in
classe fa cose fichissime. Ero così abituata a sentirmi dire che gli studenti
amavano le mie lezioni, che è stato uno shock quando, la scorsa primavera, ho
scoperto che ad alcuni studenti stare nella mia classe non piaceva affatto.
Poiché prendevo la loro critica sul piano personale, mi sono sentita un
fallimento completo.
Ammetto che, quando gli studenti non si
entusiasmano per il contenuto delle lezioni, lo considero un affronto, come se
fossi stata io in persona l’autore delle conoscenze che provo a diffondere. Ma
se voglio educare in modo ospitale, devo accettare che la conoscenza che
condivido con i miei studenti non è mia. L’ho ereditata dai milioni di persone
che nel corso della storia umana hanno fatto delle scoperte. In quanto
insegnante, sono solo una delle tante custodi temporanee della nostra
conoscenza collettiva.
Il mio lavoro come insegnante è fornire alcune delle chiavi di accesso a questa conoscenza, “aprire la serratura del mondo” per i miei studenti. Anni fa ho avuto uno studente, D., che mi ha riportato con i piedi per terra. Ricordo perfettamente quando mi ha detto: “Signora Foster, ha presente quel punto dell’universo attorno al quale gira tutto? Non è lei!”.
Sono scoppiata a ridere. Era la migliore delle obiezioni possibili a qualunque tronfia posizione di “grande educatrice” avessi assunto allora.
Quando faccio i conti con il mio ego sulla porta dell’aula, devo anche aspettarmi che i miei studenti non saranno affascinati quanto me dal programma, e che ne contesteranno i contenuti. Educare nell’ottica di un’etica dell’ospitalità significa non solo permettere che queste contestazioni avvengano, ma anche incoraggiarle. In fondo, è così che ha progredito la conoscenza umana nel corso dei millenni: con occhi nuovi che guardano vecchie verità e vedono qualcosa di più, qualcosa di diverso.
Come potete vedere, questo tipo di preparazione implica un cambio di paradigma rispetto al mio ruolo in classe. Anche se ho la responsabilità di creare per i miei studenti uno spazio in cui auspicabilmente siano a loro agio e coinvolti, non posso aspettarmi che apprezzino tutto quello che ho preparato per loro o che apprezzino il programma che posso offrire. In vista di questo nuovo anno scolastico, non devo dimenticare che ciò che porto nella mia classe è meno importante di quello che lascio sulla porta. Non c’è posto per il mio ego in un’aula ospitale.
Il mio lavoro come insegnante è fornire alcune delle chiavi di accesso a questa conoscenza, “aprire la serratura del mondo” per i miei studenti. Anni fa ho avuto uno studente, D., che mi ha riportato con i piedi per terra. Ricordo perfettamente quando mi ha detto: “Signora Foster, ha presente quel punto dell’universo attorno al quale gira tutto? Non è lei!”.
Sono scoppiata a ridere. Era la migliore delle obiezioni possibili a qualunque tronfia posizione di “grande educatrice” avessi assunto allora.
Quando faccio i conti con il mio ego sulla porta dell’aula, devo anche aspettarmi che i miei studenti non saranno affascinati quanto me dal programma, e che ne contesteranno i contenuti. Educare nell’ottica di un’etica dell’ospitalità significa non solo permettere che queste contestazioni avvengano, ma anche incoraggiarle. In fondo, è così che ha progredito la conoscenza umana nel corso dei millenni: con occhi nuovi che guardano vecchie verità e vedono qualcosa di più, qualcosa di diverso.
Come potete vedere, questo tipo di preparazione implica un cambio di paradigma rispetto al mio ruolo in classe. Anche se ho la responsabilità di creare per i miei studenti uno spazio in cui auspicabilmente siano a loro agio e coinvolti, non posso aspettarmi che apprezzino tutto quello che ho preparato per loro o che apprezzino il programma che posso offrire. In vista di questo nuovo anno scolastico, non devo dimenticare che ciò che porto nella mia classe è meno importante di quello che lascio sulla porta. Non c’è posto per il mio ego in un’aula ospitale.