Pensavo di cavarmela
rapidamente, oggi, da un Collegio andato direi insolitamente lineare. Invece,
quasi in capo alla discussione, è arrivata la grandine e i professori,
bilanciando Collegio e automobili, hanno ritenuto di mettere al coperto le
macchine.
Così almeno immagino
sia andata, perché ho visto uno sciame uscire per poi rientrare con difficoltà
e forse qualcuno non è più rientrato.
Poi invece ha
cominciato a entrare l’acqua in auditorium, un rivolo lungo il lato esposto,
che ha destato un grandissimo interesse e allora anche quelli che non avevano
le macchine si sono affrettati a raggiungere le uscite di emergenza per
guardare fuori e qualcuno, per giustificarsi, diceva che voleva vedere dove
andava l’acqua…
Sicché c’era
grandissima cagione di distrazione nell’aula e inoltre cominciavano a spegnersi
le luci.
Io avevo la parolina
magica: “O tornate a sedere o io sospendo il collegio e lo riconvoco domani
alle tre, così non piove”, ma stentavo a dirla perché il radiomicrofono dava
segnali di cedimento e non era facile sentirmi.
Il punto più alto è
stato raggiunto quando i soliti geni hanno cominciato a protestare che, a
microfono spento, non si sentiva… restando seduti sparsamente qua e là, perché
all’oratore è pericoloso avvicinarsi (ti ascolto, sì, se mi fai arrivare la
voce fin dove sono io, sennò vedi di alzare il volume che non sarò mai io ad
alzare le…).
A un certo punto si è
capito che facevo sul serio e, col telefono senza fili, la notizia della
riconvocazione ha preso consistenza e indotto anche i più restii e affascinati
dalla potenza della natura che si accaniva con successo contro l’edificio della
scuola a riprendere posto.
Il mio vero timore
era che le luci partissero tutte e a quel punto il guaio era grosso, perché la
delibera era importante e per approvarla per alzata di mano, le mani, occorre
che si vedano.