La Madonna, con il
Bambino Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra per visitare un
monastero. Orgogliosi, tutti i monaci si misero in una lunga fila,
presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio. Uno declamò
alcune poesie, un altro le mostrò le miniature che aveva preparato per la
Bibbia e un terzo recitò i nomi di tutti i santi. E così via, un monaco dopo
l'altro, tutti resero omaggio alla Madonna e al Bambino.
All'ultimo posto
della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento, che non aveva mai
studiato i sacri testi dell'epoca. I suoi genitori erano persone semplici, che
lavoravano in un vecchio circo dei dintorni, e gli avevano insegnato soltanto a
far volteggiare le palline in aria.
Quando giunse il suo
turno, gli altri monaci volevano concludere l'omaggio perché il povero acrobata
non aveva nulla di importante da dire e avrebbe potuto sminuire l'immagine del
convento. Ma anche lui, nel profondo del proprio cuore, sentiva un bisogno immenso
di offrire qualcosa a Gesù e alla Vergine.
Pieno di vergogna,
sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli, tirò fuori
dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare: perché era l'unica
cosa che egli sapesse fare.
Fu solo in
quell'istante che Gesù Bambino sorrise e cominciò a battere le mani in braccio
alla Madonna. E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia,
lasciandogli tenere per un po' il bambinello.
Paulo Coelho,
L’alchimista, 1988, ed. it. Bompiani,
Milano 1995, p. 10.