Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

martedì 17 dicembre 2013

LA LINGUA NON SI INSEGNA, SI APPRENDE! - Maurizio Tiriticco


Pensiero, linguaggio, azione: per i bambini apprendere è un processo naturale; loro osservano ed emulano, capiscono e si fanno capire perfettamente, senza sapere cos’è un libro di grammatica. Ecco perché non si deve insegnare la grammatica dei libri, ma stimolare l’apprendimento della grammatica reale, che si costruisce nel fare e nel dire quotidiano! E se il fare quotidiano è quello della scuola, tanto meglio.
Avete mai pensato se un nuovo nato, prima di cominciare ad afferrare o a sgambettare, debba prima imparare che la mano è fatta di cinque dita, che si chiamano pollice, indice, medio, anulare e mignolo, e che le ossa di ogni dito (mi raccomando! Il plurale è dita, non diti) si chiamano falange, falangina e falangetta? E che il femore e la tibia sono le ossa (mi raccomando! Non ossi) più importanti di quell’arto inferiore (da dove viene l’aggettivo inferiore?) che noi siamo soliti chiamare gamba? Come se, solo dopo avere studiato diligentemente come sono fatte mani e piedi, e magari avere preso un bel dieci, il nostro bambino possa cominciare a maneggiare e a camminare! Né potremmo mai pensare che debba parlare, ascoltare leggere e scrivere, studiando puntualmente un bel libro di grammatica.

Il fatto è che il nostro bambino, dopo l’urlo con cui saluta il suo arrivo tra noi, la prima “respirata” e la prima “succhiata” – le uniche cose che sa fare, le prime “competenze” che madre natura gli ha elargito – non può fare nulla da solo, se non riceve gli opportuni stimoli! Gli occhi non vedrebbero mai e le orecchie non sentirebbero mai, se luce, colori, rumori e suoni non “mettessero in moto” le facoltà che madre natura ha impresso nel suo codice genetico.
Frigna, piange e ride, smanetta e sgambetta, tutto intento a “costruire”, minuto dopo minuto, giorno dopo giorno, il Suo Sé, “anima e corpo”, potremmo dire, quindi la complessità di quelle operazioni cerebrali che gli consentiranno di interagire con l’ambiente in modo sempre più autonomo e responsabile, anche se la responsabilità è parola grossa! Anche perché, mentre il suo corpo è tutto formato, pur se in miniatura, il cervello è solo impostato – potremmo dire – per quanto riguarda i cento miliardi di cellule! Ma sono le connessioni sinaptiche le operazioni che contano e che, giorno dopo giorno, si moltiplicano con estrema rapidità! A condizione che gli stimoli esterni siano numerosi, frequenti, ricchi. È la funzione che sviluppa l’organo, come si suol dire!
Il percorso è lungo, e impegna almeno i primi due anni perché il nostro bambino possa costruire una prima indipendenza del Sé! Due anni sono pochi, più o meno un minuto secondo, se si pensa che in quel breve tempo deve ripercorrere tutto quel lunghissimo cammino che un vivente ha compiuto per diventare finalmente Uomo! “Homo faber? Homo sapiens?” La notte dei tempi!
Ma che cosa c’entra questo discorso con il linguaggio?
C’entra, e come! Un autorevole linguista ha già detto che pensiero e linguaggio procedono di pari passo integrandosi e implementandosi a vicenda! Potrei arricchire il concetto: pensiero, linguaggio, azione. Dopo le prime lallazioni, il nostro bambino avrà imparato a dire almeno due paroline, quelle che gli garantiscono la sopravvivenza! Mamma e pappa! Le prime parole di quel personale vocabolario di cui ciascuno di noi dispone! E apprende per imitazione! Certamente, copia, e il copiare è assolutamente necessario per apprendere! Solo nelle scuole è vietato!
E poi compariranno anche babbo o papà e nonna e cacca. Persone, oggetti e azioni non sono ancora distinti! Quando il bambino frigna “pappa, pappa, pappa” – la virgola è una mia aggiunta “colta” – non distingue ancora tra la pappa/oggetto e il mangiare/azione! E, se rifiuta la pappa non dice che non gli va, che non ha fame, che è cattiva, cha ha mal di pancia, frigna e basta! Solo molto più tardi dirà “mamma, voglio la pappa”! “Mi piace!” “Non mi piace!” Sono le prime costruzioni grammaticali… e poi ancora “ho fame… voglio mangiare!” E le prime costruzioni sintattiche… voglio la pappa e la bumba.
E così via! E parlerà, e come!
E, a seconda delle continue operazioni d’imprinting da parte degli attanti (genitori, famiglia e altri) il suo pensiero/linguaggio diventerà più o meno ricco! E la ricchezza non è data solo dal progressivo accumulo di parole – giorno dopo giorno arricchisce il suo personale vocabolario – ma anche dal sapere costruire frasi compiute, periodi, proposizioni in genere coordinate da “e”, “poi”, “allora”, “ancóra”, e così via!
E poi la forza del Sé, dal mio all’io, una conquista! E poi ancora la lunga serie dei “perché” e dei “come”, i primi grandi interrogativi! Produce le prime strutture del linguaggio e del pensiero o, se si vuole, del pensiero/linguaggio.
A poco a poco, giorno dopo giorno, mese dopo mese, costruisce il suo corpo, maneggiando, sgambettando, saltellando, correndo qua e là, toccando tutto di tutto… la disperazione di certi genitori, “buono”, “fermo”, “che fai?”, “non ti muovere”, “stai buono”… ma non c’è verso! Se è instancabile nel fare e nel parlare da solo, tra sé e sé, quando fa qualcosa, quando crediamo che giochi – in effetti azione, pensiero, linguaggio si rafforzano l’un l’altro – è perché sta conquistando se stesso e l’altro da sé, in un progressivo processo di differenziazione del Sé dalle Cose (oggetti, eventi, processi) e rafforzamento del Sé e delle Cose che conosce e che deve “dominare”!
È semplicemente meravigliosa questa progressiva crescita/apprendimento/conquista rafforzamento del Sé! Così, come il nostro bambino “costruisce” occhi e orecchie, braccia e gambe, mani e piedi, “costruisce” anche il suo cervello, la sua intelligenza, quei fattori cognitivo/operativi che sono dati dalla progressiva conquista/crescita del pensiero/linguaggio.
L’excursus che ho compiuto è ormai largamente noto e dovrebbe essere largamente noto che, quando a scuola s’interviene sui processi di apprendimento già in atto fin dalla nascita nel nostro bambino/alunno – che deve essere ulteriormente “alimentato” – non si può e non si deve sovrapporre sull’apprendimento “naturale” – apprendere è una necessità, come respirare e alimentarsi – un insegnamento che troppo spesso è percepito/avvertito dal nostro bambino/alunno non come un valido sostegno all’ulteriore crescita, ma come una noiosa perdita di tempo, se non addirittura come un ostacolo alla sua “naturale” curiosità!
Spesso il piacere di apprendere viene avvilito dalla noia dell’insegnare! E questa noia, per quanto riguarda l’insegnamento della “lingua italiana” può diventare a volte umiliazione e violenza. E non sto esagerando!
Al limite, non esiste il libro di grammatica! Esiste, invece, un intervento costante, anzi una serie d’interventi mirati e sequenziali nel tempo, che sollecitano il bambino/alunno alla scoperta di modalità che lui possa man mano percepire più stimolanti e ricche nei confronti della sua naturale volontà di comunicare e interagire con gli Altri da Sé.
Quando racconti loro una favola, ti seguiranno con una continua e instancabile sequenza di “allora”, “poi”, “e alloraaa”, “e poiii”! Segue la serie dei “perché” e dei “come” e dei “quando”! Scoprono nuovi connettivi logici (quelli che noi insegnanti chiamiamo congiunzioni!) e arricchiscono il loro personale vocabolario (memorizzano ogni giorno parole nuove) e la loro personale grammatica (costruiscono i primi elementari periodi)!
MAI proporre loro un vocabolario cartaceo, che pesa tanto e spaventa! MAI proporre un libro di grammatica. Lo odieranno! Eppure stanno costruendo con te, che sei il loro maestro, il loro personale vocabolario, la loro personale grammatica.
I libri verranno dopo, se saranno necessari, quando si dovrà spiegare ai nostri alunni che l’articolo indeterminativo maschile è “uno” e “un”, mentre quello femminile è “una” soltanto! I misteri della lingua e le diavolerie degli apostrofi! E che tra “scuola” e “squola”, o tra “quaderno” e “cuaderno” non c’è nessuna differenza quando parliamo, ma che c’è una grande differenza quando scriviamo! E poi c’è anche il “di qua” e il “di là”… il “su” e il “giù”, il “se” e il “sé”, il “si” e il “sì”, il “ne” e il “né”… il mistero degli accenti, quando si scrive!
Per non dire della punteggiatura! Parliamo senza punteggiatura e ci capiamo l’un l’altro, ma, se scriviamo, ecco l’insegnante che mette e toglie, virgole, punti, due punti, punti e virgola! E poi la differenza che corre tra trattino e lineetta! Per carità! Non dite linetta!
E poi i paragrafi. E i capoversi! Quelli che la stragrande maggioranza dei nostri maturandi non usano mai! Tutte implicazioni e complicazioni che vengono dopo, quando già si è padroni della lingua – si fa per dire – su cui ci si può pure divertire… anzi ci si deve divertire! Perché la lingua è creatività! Si scoprono le stranezze della lingua scritta! Certamente! Se dico “papa”, non dico “papà”! Per non dire di “cuggino” e “cugino”, di “negozzio” e “negozio”! E… quanti comizzzi nelle campagne elettorali!
E poi la filastrocca delle preposizioni: di a da in con su per tra fra!
Insomma, un conto è la grammatica reale, quella che – se volete – si distingue in fonetica, morfologia e sintassi… ma quanti sono gli insegnanti che distinguono la grammatica, come sinonimo di analisi logica, dalla sintassi, come sinonimo di analisi del periodo! Che errore! Anzi, che orrore!
E, per finire, una distinzione: un conto è la grammatica che va osservata e rispettata, altrimenti non potremmo comunicare; altro conto è la grammatica intesa come tecnica della scrittura, che è tutt’un’altra cosa! Questa seconda grammatica viene dopo, quando s’insegna, solo dopo che il nostro alunno è diventato padrone – con tutti i limiti della padronanza di un soggetto in apprendimento – dopo di quella grammatica che potremmo definire “non scritta”. Anteporre la seconda alla prima è un grave errore!
Ecco perché non si deve insegnare la grammatica dei libri, ma stimolare l’apprendimento della grammatica reale, che si costruisce nel fare e nel dire quotidiano! E, se il fare quotidiano è quello della scuola, tanto meglio!
E allora, meno libri e più laboratori! Anzi, più didattica laboratoriale, come dicono le “Indicazioni nazionali” e le “Linee guida”! Sono i documenti del recente riordino del nostro Sistema educativo d’istruzione!
E qui nasce un altro discorso, che è tutto da fare! Anzi, tutto del fare!

Maurizio Tiriticco, Education 2.0, 28 novembre 2013
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