Pensiero, linguaggio,
azione: per i bambini apprendere è un processo naturale; loro osservano ed
emulano, capiscono e si fanno capire perfettamente, senza sapere cos’è un libro
di grammatica. Ecco perché non si deve insegnare la grammatica dei libri, ma
stimolare l’apprendimento della grammatica reale, che si costruisce nel fare e
nel dire quotidiano! E se il fare quotidiano è quello della scuola, tanto
meglio.
Avete mai pensato se
un nuovo nato, prima di cominciare ad afferrare o a sgambettare, debba prima
imparare che la mano è fatta di cinque dita, che si chiamano pollice, indice,
medio, anulare e mignolo, e che le ossa di ogni dito (mi raccomando! Il plurale
è dita, non diti) si chiamano falange, falangina e falangetta? E che il femore
e la tibia sono le ossa (mi raccomando! Non ossi) più importanti di quell’arto
inferiore (da dove viene l’aggettivo inferiore?) che noi siamo soliti chiamare
gamba? Come se, solo dopo avere studiato diligentemente come sono fatte mani e
piedi, e magari avere preso un bel dieci, il nostro bambino possa cominciare a
maneggiare e a camminare! Né potremmo mai pensare che debba parlare, ascoltare
leggere e scrivere, studiando puntualmente un bel libro di grammatica.
Il fatto è che il
nostro bambino, dopo l’urlo con cui saluta il suo arrivo tra noi, la prima
“respirata” e la prima “succhiata” – le uniche cose che sa fare, le prime
“competenze” che madre natura gli ha elargito – non può fare nulla da solo, se
non riceve gli opportuni stimoli! Gli occhi non vedrebbero mai e le orecchie
non sentirebbero mai, se luce, colori, rumori e suoni non “mettessero in moto”
le facoltà che madre natura ha impresso nel suo codice genetico.
Frigna, piange e
ride, smanetta e sgambetta, tutto intento a “costruire”, minuto dopo minuto,
giorno dopo giorno, il Suo Sé, “anima e corpo”, potremmo dire, quindi la
complessità di quelle operazioni cerebrali che gli consentiranno di interagire
con l’ambiente in modo sempre più autonomo e responsabile, anche se la
responsabilità è parola grossa! Anche perché, mentre il suo corpo è tutto
formato, pur se in miniatura, il cervello è solo impostato – potremmo dire –
per quanto riguarda i cento miliardi di cellule! Ma sono le connessioni
sinaptiche le operazioni che contano e che, giorno dopo giorno, si moltiplicano
con estrema rapidità! A condizione che gli stimoli esterni siano numerosi,
frequenti, ricchi. È la funzione che sviluppa l’organo, come si suol dire!
Il percorso è lungo,
e impegna almeno i primi due anni perché il nostro bambino possa costruire una
prima indipendenza del Sé! Due anni sono pochi, più o meno un minuto secondo,
se si pensa che in quel breve tempo deve ripercorrere tutto quel lunghissimo
cammino che un vivente ha compiuto per diventare finalmente Uomo! “Homo faber?
Homo sapiens?” La notte dei tempi!
Ma che cosa c’entra
questo discorso con il linguaggio?
C’entra, e come! Un
autorevole linguista ha già detto che pensiero e linguaggio procedono di pari
passo integrandosi e implementandosi a vicenda! Potrei arricchire il concetto:
pensiero, linguaggio, azione. Dopo le prime lallazioni, il nostro bambino avrà
imparato a dire almeno due paroline, quelle che gli garantiscono la
sopravvivenza! Mamma e pappa! Le prime parole di quel personale vocabolario di
cui ciascuno di noi dispone! E apprende per imitazione! Certamente, copia, e il
copiare è assolutamente necessario per apprendere! Solo nelle scuole è vietato!
E poi compariranno
anche babbo o papà e nonna e cacca. Persone, oggetti e azioni non sono ancora
distinti! Quando il bambino frigna “pappa, pappa, pappa” – la virgola è una mia
aggiunta “colta” – non distingue ancora tra la pappa/oggetto e il
mangiare/azione! E, se rifiuta la pappa non dice che non gli va, che non ha
fame, che è cattiva, cha ha mal di pancia, frigna e basta! Solo molto più tardi
dirà “mamma, voglio la pappa”! “Mi piace!” “Non mi piace!” Sono le prime costruzioni
grammaticali… e poi ancora “ho fame… voglio mangiare!” E le prime costruzioni
sintattiche… voglio la pappa e la bumba.
E così via! E
parlerà, e come!
E, a seconda delle
continue operazioni d’imprinting da parte degli attanti (genitori, famiglia e
altri) il suo pensiero/linguaggio diventerà più o meno ricco! E la ricchezza
non è data solo dal progressivo accumulo di parole – giorno dopo giorno
arricchisce il suo personale vocabolario – ma anche dal sapere costruire frasi
compiute, periodi, proposizioni in genere coordinate da “e”, “poi”, “allora”,
“ancóra”, e così via!
E poi la forza del
Sé, dal mio all’io, una conquista! E poi ancora la lunga serie dei “perché” e
dei “come”, i primi grandi interrogativi! Produce le prime strutture del
linguaggio e del pensiero o, se si vuole, del pensiero/linguaggio.
A poco a poco, giorno
dopo giorno, mese dopo mese, costruisce il suo corpo, maneggiando,
sgambettando, saltellando, correndo qua e là, toccando tutto di tutto… la
disperazione di certi genitori, “buono”, “fermo”, “che fai?”, “non ti muovere”,
“stai buono”… ma non c’è verso! Se è instancabile nel fare e nel parlare da
solo, tra sé e sé, quando fa qualcosa, quando crediamo che giochi – in effetti
azione, pensiero, linguaggio si rafforzano l’un l’altro – è perché sta
conquistando se stesso e l’altro da sé, in un progressivo processo di
differenziazione del Sé dalle Cose (oggetti, eventi, processi) e rafforzamento
del Sé e delle Cose che conosce e che deve “dominare”!
È semplicemente
meravigliosa questa progressiva crescita/apprendimento/conquista rafforzamento
del Sé! Così, come il nostro bambino “costruisce” occhi e orecchie, braccia e
gambe, mani e piedi, “costruisce” anche il suo cervello, la sua intelligenza,
quei fattori cognitivo/operativi che sono dati dalla progressiva
conquista/crescita del pensiero/linguaggio.
L’excursus che ho
compiuto è ormai largamente noto e dovrebbe essere largamente noto che, quando
a scuola s’interviene sui processi di apprendimento già in atto fin dalla
nascita nel nostro bambino/alunno – che deve essere ulteriormente “alimentato”
– non si può e non si deve sovrapporre sull’apprendimento “naturale” –
apprendere è una necessità, come respirare e alimentarsi – un insegnamento che
troppo spesso è percepito/avvertito dal nostro bambino/alunno non come un
valido sostegno all’ulteriore crescita, ma come una noiosa perdita di tempo, se
non addirittura come un ostacolo alla sua “naturale” curiosità!
Spesso il piacere di
apprendere viene avvilito dalla noia dell’insegnare! E questa noia, per quanto
riguarda l’insegnamento della “lingua italiana” può diventare a volte
umiliazione e violenza. E non sto esagerando!
Al limite, non esiste
il libro di grammatica! Esiste, invece, un intervento costante, anzi una serie
d’interventi mirati e sequenziali nel tempo, che sollecitano il bambino/alunno
alla scoperta di modalità che lui possa man mano percepire più stimolanti e
ricche nei confronti della sua naturale volontà di comunicare e interagire con
gli Altri da Sé.
Quando racconti loro
una favola, ti seguiranno con una continua e instancabile sequenza di “allora”,
“poi”, “e alloraaa”, “e poiii”! Segue la serie dei “perché” e dei “come” e dei
“quando”! Scoprono nuovi connettivi logici (quelli che noi insegnanti chiamiamo
congiunzioni!) e arricchiscono il loro personale vocabolario (memorizzano ogni
giorno parole nuove) e la loro personale grammatica (costruiscono i primi
elementari periodi)!
MAI proporre loro un
vocabolario cartaceo, che pesa tanto e spaventa! MAI proporre un libro di
grammatica. Lo odieranno! Eppure stanno costruendo con te, che sei il loro
maestro, il loro personale vocabolario, la loro personale grammatica.
I libri verranno
dopo, se saranno necessari, quando si dovrà spiegare ai nostri alunni che
l’articolo indeterminativo maschile è “uno” e “un”, mentre quello femminile è
“una” soltanto! I misteri della lingua e le diavolerie degli apostrofi! E che
tra “scuola” e “squola”, o tra “quaderno” e “cuaderno” non c’è nessuna
differenza quando parliamo, ma che c’è una grande differenza quando scriviamo!
E poi c’è anche il “di qua” e il “di là”… il “su” e il “giù”, il “se” e il
“sé”, il “si” e il “sì”, il “ne” e il “né”… il mistero degli accenti, quando si
scrive!
Per non dire della
punteggiatura! Parliamo senza punteggiatura e ci capiamo l’un l’altro, ma, se
scriviamo, ecco l’insegnante che mette e toglie, virgole, punti, due punti,
punti e virgola! E poi la differenza che corre tra trattino e lineetta! Per
carità! Non dite linetta!
E poi i paragrafi. E
i capoversi! Quelli che la stragrande maggioranza dei nostri maturandi non
usano mai! Tutte implicazioni e complicazioni che vengono dopo, quando già si è
padroni della lingua – si fa per dire – su cui ci si può pure divertire… anzi
ci si deve divertire! Perché la lingua è creatività! Si scoprono le stranezze
della lingua scritta! Certamente! Se dico “papa”, non dico “papà”! Per non dire
di “cuggino” e “cugino”, di “negozzio” e “negozio”! E… quanti comizzzi nelle
campagne elettorali!
E poi la filastrocca
delle preposizioni: di a da in con su per tra fra!
Insomma, un conto è
la grammatica reale, quella che – se volete – si distingue in fonetica,
morfologia e sintassi… ma quanti sono gli insegnanti che distinguono la
grammatica, come sinonimo di analisi logica, dalla sintassi, come sinonimo di
analisi del periodo! Che errore! Anzi, che orrore!
E, per finire, una
distinzione: un conto è la grammatica che va osservata e rispettata, altrimenti
non potremmo comunicare; altro conto è la grammatica intesa come tecnica della
scrittura, che è tutt’un’altra cosa! Questa seconda grammatica viene dopo, quando
s’insegna, solo dopo che il nostro alunno è diventato padrone – con tutti i
limiti della padronanza di un soggetto in apprendimento – dopo di quella
grammatica che potremmo definire “non scritta”. Anteporre la seconda alla prima
è un grave errore!
Ecco perché non si
deve insegnare la grammatica dei libri, ma stimolare l’apprendimento della
grammatica reale, che si costruisce nel fare e nel dire quotidiano! E, se il
fare quotidiano è quello della scuola, tanto meglio!
E allora, meno libri
e più laboratori! Anzi, più didattica laboratoriale, come dicono le
“Indicazioni nazionali” e le “Linee guida”! Sono i documenti del recente
riordino del nostro Sistema educativo d’istruzione!
E qui nasce un altro
discorso, che è tutto da fare! Anzi, tutto del fare!
Maurizio
Tiriticco, Education
2.0, 28 novembre 2013