Si direbbe che il quadro dei miei giorni, come le
regioni di montagna, si componga di materiali diversi agglomerati alla rinfusa.
Vi ravviso la mia natura, già di per se stessa composita, formata in parti eguali
di cultura e d’istinto. Affiorano qua e là i graniti dell’inevitabile;
dappertutto, le frane del caso.
Mi studio di ripercorrere la mia esistenza per
ravvisarvi un piano, per individuare una vena di piombo o d’oro, il fluire d’un
corso d’acqua sotterraneo, ma questo schema fittizio non è che un miraggio
della memoria.
Di tanto in tanto, credo di riconoscere la fatalità in un
incontro, in un presagio, in un determinato susseguirsi di avvenimenti, ma vi
sono troppe vie che non conducono in alcun luogo, troppe cifre che a sommarle
non dànno alcun totale.
In questa difformità, in questo disordine, percepisco
la presenza di un individuo, ma si direbbe che si stata sempre la forza delle
circostanze a tracciarne il profilo; e le sue fattezze si confondono come
quelle di un’immagine che si riflette nell’acqua.
Marguerite Yourcenar
(1903-1987), Memorie di Adriano
[1951], Milano 1981, p. 24-25