Ho
girato lo sguardo su Nicolò seduto a fianco e ho visto i suoi occhi da piccolo uomo
perdersi nel vuoto, seguendo paesaggi e futuro che io non vedevo. Ho pensato a
cosa starà fantasticando, dove sarà la sua mente. Sicuramente in mondi di felicità,
giochi e lieve malinconia e tanti futuri possibili.
Quando
avevo quattordici anni avevo anch’io lo sguardo perso e pensavo a cosa sarei
diventato, che strade avrei percorso, che vita avrei potuto avere. Quale universo avrei
vissuto?
Nel
1970 non riuscivo ad immaginare come sarei stato a sessant’anni nel duemilasedici.
Pensavo a cosa avrei potuto scegliere , se fossi stato ricco o povero, sposato
o no, (a figli non riuscivo proprio ad immaginare) ancora in buona salute e
magari se fossi stato ancora vivo.
Oggi
posso dire che l’universo in cui vivere era solo questo, le scelte le ho fatte
ma tante sono state obbligate dalla catena umana che vive intorno a me, che ti
vuole bene, che non ti sopporta, alla quale tu non interessi, quella che ti
ama, quella che ti stima, quella che è felice per i tuoi traguardi e quella a
cui non frega niente di te e di nessuno.
Fra
tutto questo ci sono i punti fermi, la famiglia, i nipoti, le persone che ho amato
e non ci sono più, le persone che ho amato e che un universo parallelo ha risucchiato
via, le persone che amo e che mi sono attorno. Poi gli amici, pochi, che so essere
presenti sempre, anche quando non ci si vede per un po’ di tempo, ma hanno un
segno sulla mia anima che vibra ogni volta che un pensiero li sfiora e che ad
ogni incontro, nel tempo e nello spazio, portano leggerezza e calore.
Leonardo Lucco, amico