Oggi
sono andato in centro a fare compere e cercare regali, non c’era
quell’atmosfera di buio, luci, freddo, nebbia che tempo fa tanto mi piaceva.
Tanti negozi chiusi, di quelli che conoscevo quando anch’io lavoravo in centro. Al loro posto tanti bar, gelaterie,
negozi di cose inutili a scelta, abbigliamento di ogni genere. L’importante
è mangiare e bere, perché pensare ad altro?
Anche
le luminarie non sono più quelle, adesso sono geometriche, a led, sfavillanti
ma senza segni di Natale, senza anima, una sorte di arte astratta, non mi
piacciono.
Le
bancarelle poi hanno un sacco di cose senza senso, portafortuna indiani,
acchiappasogni pellerossa, saponi artigianali, cianfrusaglie che negli altri
giorni dell’anno farebbero schifo a chiunque.
Dopo
un po’ ho preso i miei regali, libri, perché la mia fantasia non va oltre e
perché così regalo tanti momenti di evasione da questo tempo, poi ho ripreso
l’autobus verso casa.
Vicino
a me era seduto un uomo alto e robusto, con un vestiario tipico di chi lavora
nei cantieri, con due borse per utensili, uno zaino e una piccola valigia.
Aveva l’aspetto da slavo, proveniente da qualche paese dell’est e mi sono
chiesto se anche lui festeggia il Natale o se ha altro credo religioso.
Alla
fermata dove è sceso lo aspettava un bambino di dieci anni circa, in
bicicletta, che appena sceso ha abbracciato il suo papà, gli ha preso le due
borse di attrezzi e le ha agganciate al manubrio. Poi sotto braccio al papà,
spingendo la bici a mano, gli faceva delle carezze tenere sulla schiena quasi a
lenire i dolori di un lavoro duro, ma adesso il suo eroe era a casa e la
famiglia si riuniva.
Finalmente
è arrivato il Natale e io, fortunato, l’ho visto.
Leonardo Lucco, amico padovano che lavorava alla Ricordi, quando ancora quel negozio era la meta di tanti tra noi, amanti della musica.