Non
ho mai visto un uomo pigro:
ho
visto un uomo che non ha mai corso
mentre
lo stavo guardando, ed ho visto
un
uomo che talvolta faceva un sonnellino tra pranzo e cena,
e
che rimaneva a casa in un giorno di pioggia,
ma
non era un uomo pigro. Prima di chiamarmi pazza,
pensateci,
lui era un “uomo pigro”
o
faceva soltanto cose che definiamo “pigre”?
Non ho mai visto un bambino
stupido;
ho
visto un bambino che talvolta ha fatto
cose
che non ho compreso
o
cose in modi che non avevo previsto;
ho
visto un bambino che non aveva visto
quegli
stessi luoghi dov'ero stata io,
ma
non era un bambino stupido.
Prima
di chiamarlo stupido,
pensateci,
lui era un "bambino stupido"
o
soltanto sapeva cose diverse da quelle che sapete voi?
Ho guardato il più intensamente
possibile
ma
non ho mai visto un cuoco;
ho
visto una persona che mescolava
ingredienti
che poi avremmo mangiato,
una
persona che girava una manovella
e
sorvegliava il forno che cuoceva la carne,
ho
visto queste cose ma non ho visto un cuoco.
Ditemi,
se guardate, vedete un cuoco
o
qualcuno che fa delle cose che chiamiamo cucinare?
Quello che alcuni chiamano
pigro
altri
lo chiamano stanco o bonario,
quella
che alcuni chiamano stupidità
altri
la chiamano soltanto una diversa conoscenza.
Così
sono giunta alla conclusione,
che
se non mescoliamo ciò che vediamo
con
quella che è la nostra opinione,
ci
salveremo dalla confusione.
E
questo, io lo so è ancora soltanto la mia opinione.
Ruth Bebermeyer, tratto da Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre [oppure muri],
Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta, Edizioni Esserci, Reggio
Emilia 2003, p. 49-50.