Già
Leonardo Sciascia ne "Le parrocchie di Regalpetra" rievocando i suoi
anni da maestro elementare raccontava di quel velo misto di invidia e disprezzo
che avvolgeva il suo mestiere: 1200 lire al giorno (il triplo di un
bracciante), praticamente senza fare niente.
Poco
è cambiato da allora, con una sola aggravante: alle invidie della gente comune
si è affiancata, a rafforzarne la potenza distruttiva, anche la politica, con
interventi bipartisan. Ultimo arrivato il ministro Poletti, nostalgico del
trasporto estivo di cassette della frutta.
I
pregiudizi sono duri a morire e se qualcuno, ad arte li rinfocola, cui prodest? La distruzione della scuola è già in atto da
tanto tempo, tutto il resto può solo imprimere una modesta accelerazione. Un po’
quello che sta succedendo con la giustizia: si valuta la produttività del
magistrato sulla base delle ore passate in tribunale, che sono veramente poche,
e il resto? la gente sa che nel civile, il giudice "scende" in
udienza con almeno 100 fascicoli? Sa che le sentenze, belle o brutte, solide o
cassabili le scrive a casa perché non ha un ufficio in tribunale? Anche sulla
scuola si può sparare ad alzo zero: sono privilegiati e basta, che non si
lamentino.
Per
mestiere, dall'alto o dal basso delle mie artigianali 50 ore settimanali da
dirigente, con sole 5 settimane di ferie, non sono mai stato tenero con le
"lagne" degli insegnanti. Quando volevo stare a casa qualche giorno
durante le vacanze di Natale o di Pasqua, dovevo rosicchiare i miei 32 giorni
di ferie, loro no. Ma non ho mai avuto la tentazione di colpevolizzarli anch'io
per questo. Era, ed è, l'organizzazione che non funziona; loro (la maggior
parte almeno) mandano avanti la baracca nonostante la disorganizzazione, la
mancanza di fondi, i genitori e talvolta anche contro i dirigenti.
Facciamo
un po’ di calcoli. Intanto i tre mesi di vacanza estivi sono una esagerazione:
si tratta solo di due mesi, mentre la maggior parte dei docenti della
secondaria, con la maturità, finisce il
15 luglio e riprende intorno al 25 agosto con gli esami. Alcuni sono impegnati
anche nei corsi di recupero. Ma sin qui sarebbe ugualmente un privilegio se...
se non teniamo conto che il lavoro dell'insegnante non è di tipo impiegatizio o
d'ufficio. Dietro alle ore di insegnamento passate in classe, che sono piene e
senza respiro, ce ne sono almeno altrettante lavorate a casa o nelle riunioni.
Una parte delle vacanze (e delle domeniche) se ne va per la preparazione e per
la correzione dei compiti. Certo l'ugualitarismo sindacale ha portato a delle
insopportabili sperequazioni all'interno della categoria, non compensate da una
retribuzione proporzionata ai carichi effettivi di lavoro. Per farla breve, non
è la stessa cosa avere una sola classe o nove, partecipare ad un solo consiglio
al mese o a nove, incontrare 25 genitori o 200, correggere 50 compiti scritti o
200 e così via. Naturalmente con enormi sacche di privilegio, da parte di chi
non ha nulla da correggere o da preparare. Ricordo solo un vecchio adagio,
opportunamente integrato: "chi non sa fare nulla, insegna; chi non sa insegnare
nulla, insegna educazione fisica, chi non sa insegnare neanche educazione
fisica...fa il dirigente".
Sicuramente
un gesto d'autorità per modificare le cose ci vorrebbe e ci vorrà. Inutile
aspettarsi da chi è abituato a barattare alcuni innegabili piccoli privilegi
(il più sentito: lavoro quando ne ho voglia io e oltre all'orario delle lezioni
non voglio alcuna altra imposizione) con una sottostima sociale e retributiva,
rinunci spontaneamente e felicemente. Tutti continueranno a comportarsi in modo
assai miope, rinfocolando il malcontento esterno. Chi è abituato ad andare al
mare o "tornare giù" per due mesi difficilmente rinuncerà con
piacere.
Ma
se le vacanze fossero più diluite, come in altri paesi civili, se la formazione
diventasse effettiva e venisse incontro ai reali bisogni di chi vive nella
scuola, se venisse fatta quando non ci sono lezioni e non dopo giornate
pesantissime, se...si spendesse un po’ di più e in modo più intelligente,
allora si potrebbe dire: per chi ci sta è così, gli altri fuori o, in prima
battuta, sempre allo stipendio iniziale.
Da
L’isola
di Paolo Menallo