Ciao, carissimo
Francesco!
Ho letto con molta
contentezza la tua lettera di inizio anno scolastico.
Mi fa piacere che la
scuola (insegnanti, genitori e alunni) si ponga per tema "l'inclusione". Non è solo un
argomento da discutere, ma un obiettivo da raggiungere... gradualmente. Gli
esclusi sono tanti e per i più svariati motivi.
Involontariamente e inconsciamente
escludiamo dal nostro sguardo (e quindi dal gruppo) quegli alunni che, per
gravi ritardi psicofisici, sono affidati a un insegnante di sostegno. La
coscienza si sente a posto sapendo che qualcuno si prende cura di loro, per cui
reputiamo che non sia necessario farli interagire dentro e fuori della classe.
Poi, ci sono quei
ragazzi che, per una qualche difficoltà scolastica o disturbi di apprendimento,
ci appaiono come "i più stupidi" della situazione, quelli che
arrancano, fanno fatica e a malapena riescono... Questi vengono esclusi perché
giudichiamo riprovevole rovinare un gruppetto di scolari promettenti.
Altri non hanno
questo genere di problemi, ma un carattere turbolento, irrequieto, aggressivo.
Questi tipi li vediamo come una minaccia: potrebbero essere di cattivo esempio
a quei coetanei che si apprestano a osservare le regole della buona convivenza
sociale.
Una piccola cerchia,
invece si esclude da sé, si autoelimina, per timore dei pregiudizi dei compagni
sul loro aspetto fisico. Spesso si sentono presi in giro con dei nomignoli
dispregiativi.
Alla categoria degli
autoesclusi appartengono, ancora, anche quelle persone timidissime, introverse,
paurose. Sono talmente impacciate che non riescono a emergere, sono così
invisibili che tanti si convincono che la loro esistenza sia insignificante.
Comunque sia, la
terapia comune è "l'empatia", il vero e unico atteggiamento di
accoglienza dell'altro. Empatici non si nasce: è qualcosa s'impara (un anno
dovrebbe essere più che sufficiente...).
Ciao, un abbraccio
affettuoso
Patrizia