A prima vista, queste
due forme di insegnamento si somigliano: un maestro è un libro che parla; un
libro è un maestro che, per quanto silenzioso, comunica il suo pensiero.
Maestro e libro
appaiono al principiante come sostegni permanenti del suo sforzo: l’uno assume
la parte di guida, l’altro quello di carta stradale per il viaggiatore.
Maestro e libro
suggeriscono, d’altra parte, l’ordine al neofita. Ebbene, un maestro e un
libro, si suppone che posseggano in modo essenziale il dono dell’ordine e la
facoltà di imporre quest’ordine all’alunno, in maniera quasi insensibile e, in
ogni caso, niente affatto penosa.
Scegliendo un libro e
prendendo un maestro, noi facciamo un atto di fede nel loro metodo e
sacrifichiamo provvisoriamente il nostro
ordine (se ne abbiamo) al loro, e se poi non ne abbiamo, li incarichiamo di
averne uno per noi. Ancora una volta, il maestro e il libro non sono che agenti
per aiutare la nostra volontà, il nostro metodo, la nostra pazienza.
Un esame più
approfondito dell’insegnante e del libro ci mostrerà che questi due agenti non
possono stare l’uno senza l’altro. Chi non ha mai imparato se non con dei
maestri, trascurando i libri, è per solito altrettanto male istruito quanto l’«autodidatta»
che conversa di scienza soltanto con delle pagine stampate, perché ciascuno di
questi mezzi d’apprendere corrisponde in noi a delle facoltà diverse.
Tutta l’arte dell’imparare
si restringerà così a trarre giudiziosamente vantaggio dal maestro e dal libro,
senza che il loro intervento sopprima la nostra facoltà d’invenzione.
Marcel Prévost,
L’arte dell’imparare, Bari 1931, p. 48-51
passim