Cara ministra Carrozza, sono un'insegnante di lettere
del liceo classico «Dettori» di Cagliari, la scuola dove questa
mattina è venuto giù un bel pezzo di soffitto di un'aula piena di
studentesse e di studenti, impegnati a far lezione.
Come lei sa, per fortuna non sembra ci siano conseguenze
gravi, è stato un attimo e il soffitto è venuto giù ma tutte le
alunne e gli alunni sono usciti dall'aula in tempo, solo l'insegnante
della classe è rimasta ferita, alcuni punti di sutura in testa, ma
si spera non sia niente di più.
Un bruttissimo spavento. Ma poteva essere molto di
più. Poteva essere un disastro. Poteva essere un omicidio. Tirato
un bel sospiro di sollievo a veder tutte le persone sane, illese
e salve, quelle macerie sui banchi assumono un significato simbolico
fortissimo: questo è lo stato della nostra scuola. Cade a pezzi,
letteralmente. Cade a pezzi perché sono almeno 20 anni che alla
scuola pubblica, quella dello .Stato, vengono tolte risorse. Sono
almeno 20 anni che non si ha cura né della sua sicurezza, né della
qualità della sua azione, né della formazione delle cittadine e dei
cittadini che noi ci impegniamo ad accompagnare e a indirizzare nel
loro percorso di crescita. Sono 20 anni che i governi hanno spogliato
la scuola italiana, che non è mai stata ricca ma che ha dato tanto.
Perché è stato fatto? Perché queste ferite così
dolorose? Quelle macerie parlano di noi. Di noi come comunità il
cui declino viviamo con sofferenza ogni giorno: l'individualismo sfrenato
che bada solo al proprio interesse si è fatto Stato, costruisce
le case e le scuole sui letti di torrenti che una pioggia eccezionale
inonda e uccide, brucia i boschi, violenta le coste, avvelena i
mari. Non conosce empatia, non ama il prossimo, non pratica solidarietà.
Non costruisce futuro, lascia macerie.
Lei è ministra della nostra scuola, a lei è affidato il
governo della formazione delle giovani e dei giovani del nostro paese,
a lei è affidato il compito di governare la costruzione del futuro
della nostra comunità. E' a scuola che si costruisce questo futuro. E'
a scuola che si impara a conoscere e a rispettare l'altro, ad apprezzare
come valore la differenza, a praticare la solidarietà. E' a scuola
che si diventa cittadine e cittadini della nostra Repubblica.
L'altro pomeriggio si è riunito il nostro Consiglio
d'Istituto, eravamo tutti scossi ma determinati a riprendere presto
il nostro lavoro, in qualunque condizione. Ma la tragedia che ci
ha sfiorato, impone di alzare un po' la voce e di chiedere molte più
risorse, molto più impegno da parte del governo. Non solo per noi.
Per tutta la scuola italiana. Non ci deluda.
Silvia Martelli, Il Manifesto, 5
dicembre 2013