Effettivamente, essere specialista di tutto è essere
specialista di niente. Raymond Aron, mi sembra, diceva che il
proprio del lavoro di uno specialista è sapere tutto su un dominio
estremamente ridotto, cioè pressoché niente. Delle due cose,
l'una: o si ha una mancanza di conoscenze precise, o una conoscenza
talmente precisa che alla fine non ha alcun interesse.
In effetti, bisogna partire dal problema della
conoscenza. Se si ha un'informazione, ma si è incapaci di
situarla nel suo contesto (frammentato attraverso le discipline),
si arriverà per forza a un'informazione senza interesse. Si è d'altronde
obbligati a contestualizzare senza posa - il proprio della storia
è di essere una scienza che contestualizza gli eventi. Come uscirne?
Alcune risposte sono già state date, attraverso raggruppamenti scientifici.
Prendiamo l'esempio dell'ecologia, scienza fondata sull'idea di
ecosistema, ma che riguarda molte discipline. In un dato ambiente,
l'insieme degli esseri viventi, vegetali, animali, i microbi ecc...
costituisce un'organizzazione spontanea, a sua volta collocata in
una data cornice fisica, geografica e meteorologica. pertanto,
l'ecologo, che si interessa ai meccanismi della formazione e
delle disfunzioni degli ecosistemi, possiede conoscenze varie ma
incomplete. Dovrà dunque chiedere l'aiuto del botanico, dello
zoologo ecc... Lo stesso per le scienze della terra: la meteorologia,
la vulcanologia, la sismologia, la geologia sono state separate
fino al momento in cui si è scoperta la tettonica a placche. Avendo
dimostrato da allora che la terra è un sistema funzionale molto complesso,
ci si è impegnati a riunire queste differenti materie.
Tratto da
Avvenire, 25 ottobre 2013