Volevo che l’immensa maestà della pace romana si estendesse a tutti,
insensibile e presente come la musica del firmamento nel suo moto; che il
viaggiatore più umile potesse errare da un paese, da un continente all’altro,
senza formalità vessatorie, senza pericoli, sicuro di trovare ovunque un minimo
di legalità e di cultura; che i nostri soldati continuassero la loro eterna
danza pirrica alle frontiere; che ogni cosa funzionasse senza inciampi,
l’officina come il tempio; che il mare fosse solcato da belle navi e le strade
percorse da vetture frequenti; che, in un mondo ben ordinato, i filosofi
avessero il loro posto e i danzatori il proprio.
A questo ideale, in fin dei conti modesto, ci si avvicinerebbe
abbastanza spesso se gli uomini vi applicassero una parte di quell’energia che
van dissipando in opere stupide o feroci.
Marguerite Yourcenar
(1903-1987), Memorie di Adriano
[1951], Milano 1981, p. 127-128