Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

sabato 3 marzo 2012

LA SIGNORINA MORGAN - John Steinbeck


Già da alcuni mesi la signorina Morgan, l’insegnante, pensava di andare a visitare Junius Maltby. I contatti avuti col figlio, le storie sentite sul conto di lui, avevano svegliato il suo interesse.
Pur non essendoci mai stata prima, la signorina Morgan riconobbe subito la fattoria Maltby quando vi fu arrivata. Vide steccati reclini sino a toccar terra per il peso dei rovi che li spingevano. Gli alberi da frutto coi rami ignudi protesi sopra una foresta di erbacce. Rampicanti selvatici avviluppavano i tronchi dei meli. Scoiattoli e conigli saltavano da ogni parte; e piccioni volavano con ali molli d'albero in albero.
Poi, vicino a un olmo imbiancato di brina, essa scorse il tetto carico di muschio. Sembrava una casa abbandonata da cento anni. "Dio, che rovina!" esclamò. "Eppure com'è bello!"
Quel pomeriggio fu uno dei più piacevoli che la signorina Morgan avesse mai passato in vita sua. Ebbe un posto d'onore sul ramo del sicomoro, e i ragazzi non la considerarono affatto come l'insegnante.
"Sarà più bello se vi togliete le scarpe" le disse Robbie. Ed essa trovò in effetti più bello dondolare i piedi nudi sopra l'acqua.
Junius parlò, quel pomeriggio, del cannibalismo presso gli indiani delle isole Aleutine. Raccontò come i mercenari si rivoltarono contro Cartagine; come i Lacedemoni si pettinarono i capelli prima di morire alle Termopili; spiegò l'origine dei maccheroni; descrisse il modo in cui avvenne la scoperta del rame...

John Steinbeck, I pascoli del cielo, p. 92-96
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