Di quanto si innalzano i rami
dell’albero, altrettanto profonde devono essere le sue radici.
Ma il senso dell’albero non sta né nelle radici né nell’alta chioma,
bensì nella vita che scorre tra le due.
Ma il senso dell’albero non sta né nelle radici né nell’alta chioma,
bensì nella vita che scorre tra le due.
Carl Gustav Jung
Il
mio amico Dante fa il giardiniere e conosce molto bene le piante. Mostrandomi
un albero malconcio, un giorno mi fece notare quanto importante fosse la
funzione della corteccia. Quella spessa pelle rugosa protegge la superficie
umida del tronco dove scorre la linfa e permette all’albero di vivere. Se la
corteccia viene danneggiata, la linfa rimane esposta e può evaporare o essere
attaccata da insetti e da funghi. Se l’incisione è molto estesa, è addirittura la
vita stessa della pianta a essere messa in pericolo.
Ascoltando
la spiegazione di Dante, ripensavo a un episodio del romanzo di John Steinbech,
Al Dio sconosciuto, dove si parla di
una vecchia e immensa quercia fatta morire incidendo semplicemente un anello
lungo il tronco e asportandone la corteccia. Il tronco venne messo a nudo per
qualche centimetro e, nel giro di qualche giorno, quel patriarca della natura
seccò.
Allo
stesso modo, Jung ci invita a modificare il nostro punto di vista, mostrandoci
come non siano tanto importanti la profondità delle radici o l’ampiezza della
chioma: ciò che veramente conta è la vita che deve continuare a scorrere tra le
due.
Oggi
mi sono accostato al ciliegio del mio giardino: ne ho accarezzato la corteccia
e ho intuito la sua vita vibrare sotto le mie dita. Ed è la stessa vita che scorre
nel platano come nel gelsomino, nell’olmo come nel rosmarino.
Ma
dell’albero, solitamente, non si ammira la corteccia. La corteccia non è certo
la parte più appariscente della pianta o quella più elegante; non è la parte
che di solito si annusa o si fotografa. Non è neanche quella di cui ci si cura
in modo particolare, anzi talvolta la usiamo per disegnarci i cuori o per
appendere avvisi. La corteccia non è neanche tanto bella da vedersi: è
indistinta, ha un colore anonimo, non risplende e non attira, è ruvida, ferma
e monotona.
La
corteccia ricorda le rugosità del nostro carattere, il grigiore della patina
con cui spesso copriamo i nostri sentimenti, l’opacità con cui ammantiamo le
nostre relazioni. Questa è la superficie che mostriamo, ma è anche quella che
in prima battuta osserviamo in coloro che incontriamo. E’ fantastico però il
sapere che appena sotto a questa crosta, in ogni persona c’è una vita che
scorre, placida o tumultuosa, e che la corteccia è solamente una difesa,
indispensabile, affinché l’essenziale non venga esposto indiscriminatamente, ma
possa essere colto solamente da chi sa che le cose più importanti sono
invisibili agli occhi.
Così
è stato di quest’anno passato insieme. Siamo partiti a settembre per questa avventura
e abbiamo fatto un pezzo di strada insieme. Poca? Tanta? Non ha importanza. Ciò
che credo sia importante è la linfa che non ha mai messo di scorrere sotto la
corteccia della nostra fatica quotidiana, del nostro lavoro, dei nostri
rapporti, dei nostri incontri, dei nostri progetti, dei nostri sogni.
Una
linfa che è fatta di rispetto e di stima, spesso anche di amicizia, sempre di
buona volontà per riuscire a fare il meglio che ci sia possibile.
Questa
è la vita del nostro albero. Grazie a tutti per averla fatta scorrere
abbondante.
9 giugno 2012