E’
dunque questo che chiamano vocazione:
la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?
la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?
Josephine Baker
Capita,
scendendo un fiume in canoa, che per imperizia o troppa corrente l’imbarcazione
d’improvviso si capovolga. Non succede spesso, ma quando succede l’unica
certezza è che niente intorno a noi si trovi dove dovrebbe essere.
Negli ultimi tempi, la mia canoa si è rovesciata più di una volta. Io non
sono un canoista provetto, tutt'altro, ma sfido chiunque a rimanere a galla
dopo essere stato sbattuto da onde come quelle che hanno colpito la mia
imbarcazione.
L’ultima ondata, per esempio. Nel corso di un incontro tenuto pochi giorni
fa, Francisco (Paco) Bermudez Hernandez,
fondatore di una scuola libertaria nello Chiapas messicano, di
fronte a una platea di insegnanti ha detto chiaro e tondo che ognuno di noi ha
una missione da compiere nella vita (e già questo mette i brividi), e che la
scuola ha il compito stimolante, ma impegnativo, di accompagnare ciascun ragazzo
e ciascuna ragazza a scoprire la propria vocazione. Se non fa questo, la scuola
ha fallito, perché solo trovando il posto che è il suo, la persona potrà
realizzarsi, e quindi essere felice, all’interno del progetto che guida tutto
l’Universo. Per senso della misura, ma anche per la profonda consapevolezza
della propria funzione, in quella scuola gli insegnanti sono chiamati “accompagnatori”.
Ciascun allievo percorrerà la propria strada con la velocità e i mezzi che ha a
disposizione, ma l'obiettivo per tutti sarà quello di dare il proprio
contributo al fine di realizzare l'armonia dell'Universo attraverso l'amore e il
rispetto. Questo è ciò che si vive nella scuola di Paco, la scuola YirTrak, che
significa “girare per trascendere”[1]. Un po’ come
succede alla nostra canoa.
La domanda della prima onda è “Verso
dove stai camminando?”
L’altra onda è venuta da un libro dell’analista americano James Hillman
(1926-2011), dove si propone la “teoria della ghianda”, vale a dire l’idea che
ciascuna persona è portatrice di una unicità che chiede di essere vissuta e che
già è presente prima di poter essere vissuta, come una ghianda contiene in sé
la quercia che sarà. Verrebbe semplicisticamente da pensare a una passiva
predestinazione, ma ciò che Hillman vuole mettere in risalto è invece l’aspetto
attivo della “vocazione”, quel mistero fondamentale che sta al centro di ogni
vita umana. Ciascuno di noi è unico, ha un talento: scoprirlo e nutrirlo ogni
giorno è ciò che dà un senso al nostro essere nel mondo e ciò da cui dipendono
il nostro equilibrio e la nostra felicità. Hillman non cerca tanto la ragione
per cui vivere, quanto piuttosto il motivo per cui la mia persona, che è unica
e irripetibile, è al mondo[2].
La domanda della seconda onda è: “A cosa
sei destinato?”
La capovolta più sconcertante è stata però causata da un pensatore
francese, René Guénon (1886-1951): difficile da cavalcare l’onda generata da
idee che si discostano molto dal tranquillo pensare comune, e insidiosa la
corrente sospinta dal vento che proviene dalle altezze di quello che è chiamato
pensiero Tradizionale. Guénon ci ricorda come secondo l’attuale concezione
occidentale, un uomo possa dedicarsi a una professione qualsiasi, e anche
cambiarla a suo piacimento, come se questa professione fosse qualcosa di
puramente esteriore a lui, senza alcun reale legame con ciò che egli veramente
è, cioè con ciò che lo fa essere se stesso e non un altro. “Nella concezione Tradizionale,
al contrario, ciascuno deve normalmente svolgere la funzione cui è destinato
dalla sua stessa natura, con le attitudini che questa essenzialmente implica; e
non può svolgerne un’altra, senza che ciò rappresenti un grave disordine che
avrà una ripercussione su tutta l’organizzazione sociale di cui egli fa parte”.
E ancora “Secondo la concezione Tradizionale, sono le qualità essenziali degli
esseri a determinare la loro attività; nella concezione profana, invece, queste
qualità non contano, e gli individui non sono considerati altro che come
«unità» intercambiabili e puramente numeriche”[3].
La domanda della terza onda è “Sei al tuo
posto?”
Tre onde diverse, ma strettamente legate, pronte a confondere e destabilizzare.
Tre domande, che partono da lontano e che ancor oggi interrogano l’essere nel senso
più radicale, quello dell’esistenza stessa.
Lo scivolare sulle acque del fiume è messo a dura prova: molte sono le
domande che queste e altre onde ci pongono. Quando per esempio affermiamo che è
l’allievo a essere posto al centro dell’azione educativa, intendiamo operare per accompagnarlo
a scoprire e valorizzare la sua vocazione profonda oppure intendiamo fornirgli gli
strumenti per integrarsi efficacemente nella società attuale? Non è la stessa
cosa. Se riteniamo prioritaria l’integrazione all’interno di questa società in
veloce cambiamento, daremo grande valore alle competenze che gli allievi
dovranno dimostrare di avere acquisito al termine dei cicli scolastici. Ma se
per centralità della persona intendiamo ciò che le onde ci hanno suggerito, allora
ci assale lo sgomento, perché tutto lo sforzo che abbiamo fatto per abituarci a
navigare in un oceano di incertezze fra alcuni arcipelaghi di certezze[4], si
annulla nella nuova consapevolezza che la salvezza sta nella capacità del
singolo di ritrovare quei perduti parametri esistenziali basati su valori che
poco hanno a che vedere con tutto ciò che noi chiamiamo “progresso”.
A questo punto, la domanda delle onde è “Quale educazione?”
Buon
anno scolastico.
16
settembre 2015
Francesco Callegari
dirigente scolastico
[1]
Francisco
(Paco) Bermudez Hernandez, fondatore
del progetto educativo Yirtrak in Chiapas Messico.
[3]
René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei
Tempi, Parigi 1945, ed. it. Adelphi, Milano 1982, p. 61.