“Non ammazzerai.” Neanche
se la legge lo prevede. Il verbo messo al futuro procurò nei presenti uno
squarcio di avvenire, intravidero un caso narrato da un loro discendente.
Videro una folla che portava una donna a lapidare, un' adultera, per le vie di
una grande città. Non potevano saperlo, si trattava di Gerusalemme. La sentenza
emessa dal massimo tribunale sta per essere eseguita, la processione attraversa
piazze e strade. Lungo il percorso incontra un forestiero. Non è del posto, è
uno del Nord, di Galilea, di un piccolo villaggio, Natzaret. Se ne sta in
disparte, solitario. Il corteo s'interrompe, si dirige verso di lui, interroga
il forestiero sulla condanna a morte.
Guarda che usanza:
quella legge ammette un ultimo grado di appello anche presso un qualunque
passante, figlio d'Israele. Anche dopo, la solenne sentenza emessa da un
tribunale in carica potrà essere messa in discussione, sulla strada. Il parere
di un ultimo incontrato può interferire col dispositivo. Chiedono al forestiero
una parola. Lui in cambio fa una mossa, di sorpresa: si china a terra e sulla
polvere traccia lettere col dito. La narrazione scritta non riferisce cosa
scrive, ma l'assemblea del Sinai, presente alla visione, legge sulla polvere
del suolo “non ammazzerai”.
Scrive sulla polvere
del suolo: perché? Forse che è sabato? Tra le cose proibite di sabato c'è anche
la scrittura, però è consentita se su polvere o sabbia. Il forestiero compie un
gesto permesso nel giorno di festa. Ma quello non può essere sabato, non si
emettono sentenze né si eseguono condanne di shabbàt. È appunto quello che sta
dicendo a loro: quando si tratta di condanna a morte ogni giorno si trasforma
in shabbàt.
Infine dice l'ultimo
dispositivo di scioglimento: chi di loro si trova senza torto commesso dovrà
scagliare il primo sasso. In una lapidazione nessuno vuole essere il primo.
Ancora meno ci sarà qualcuno che davanti alla sua comunità si farà avanti con
la pietra di chi è privo di torti.
Con pochi gesti e
parole il forestiero disfa la sentenza di condanna a morte. La donna è sciolta,
il corteo si disperde, sollevato dal compito e nel cuore.
Erri De Luca, E disse (2011), p. 60-62