Le loro gemelle all’epoca
avevano dieci anni e leggevano sempre. Scendevano a colazione con un libro che
tenevano sollevato con la sinistra mentre bevevano il latte con la destra. Erano
serie e ironiche. Belle e letterarie. Indossavano sempre vestiti uguali e, a
dispetto di tutte le teorie pedagogiche, non si riusciva a immaginare che non
fosse così.
Non si somigliavano
nel fisico ma erano gemelle nella loro unica anima, e solo insieme sembravano
restituire tutta intera l’immagine e somiglianza promesse nella Genesi. Si
muovevano con lo stesso passo oscillato o scivolato, ora lasciando dondolare le
braccia a un loro ritmo condiviso, ora completando l’una il discorso iniziato
dall’altra con traiettorie che le mani disegnavano nell’aria, una trama che si
intuiva intima, esibita solo per un traboccare di armonia, irresistibile
esistere solo insieme. Avevano entrambe occhiali saggi e tondi e studiavano i
loro genitori da dietro pagine sempre diverse. Spesso ce li spiegavano, i
genitori.
- Beatrice, dov’è la
mamma?
- Coltiva l’armonia
domestica con il papà, - rispondeva Lucrezia al posto della sorella, alzando
appena gli occhi dal libro.
I bambini ci leggono,
qualche volta ci sottolineano.
Mariapia
Veladiano, Il tempo è
un dio breve, p. 36-37.