“E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
Inferno,
XXIV, 139
D |
a
parecchi giorni, la nostra vita ha assunto ritmi nuovi e del tutto diversi
rispetto alle abitudini che avevamo. Ciò che prima davamo per scontato, ora non
lo è più: andare a trovare gli amici, passeggiare nel parco, fare un viaggio in
aereo o in treno, visitare una città o un museo, raggiungere la fabbrica o
l’ufficio, frequentare la scuola. Sentiamo la mancanza di tutto questo, perché
è proprio quando una cosa o una persona ci è tolta che ne sentiamo di più il
valore e l’importanza.
Anche
la scuola, sì anche la scuola. Quanti insegnanti mi stanno dicendo: “Non vedo
l’ora di tornare in classe, mi mancano tanto i ragazzi, i loro sguardi, le loro
voci, il nostro stare insieme ogni giorno”; quanti ragazzi mandano video alle
loro maestre in cui la frase ricorrente è: “Mi mancate”; quanti genitori mi
telefonano e mi scrivono pregandomi di mantenere viva, in questo scompiglio, la
comunità scolastica e, per quanto possibile, una continuità negli
apprendimenti.
La
richiesta sottesa è sempre e comunque quella di rimanere agganciati, di
“tenerci” perché sentiamo che una possente forza centrifuga sta spingendo
adulti e bambini verso confini sconosciuti, verso limiti ancora inesplorati.
Paradossalmente, vorrei dirvi che queste frontiere non sono lontane da noi, non
sono fuori di noi: sono dentro di noi. Questa infatti è una forza che fa paura
perché, come il volo del boomerang, ci obbliga a ritornare in noi stessi, a
fare i conti con il nostro senso della vita, con il significato che diamo alle
cose, alle nostre priorità. Più di milleseicento anni fa, sant’Agostino ci
diceva “Non uscire fuori, rientra in te stesso, nell’uomo interiore risiede la
verità”.
Tutti
i paradigmi dell’uomo “esteriore” sono stati rotti, tutti i nostri modelli sono
saltati. Nell’uomo che ritorna in se stesso, nella sua casa, nella sua
famiglia, in un capovolgimento sconvolgente delle nostre certezze e delle
nostre sicurezze, possiamo trovare, solo se lo vogliamo, il senso di ciò che ci
sta accadendo. Questa tempesta ci dice con papa Francesco: “E’ tempo di scegliere cosa conta e cosa
passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”.
Stiamo
ponendo un’ardua resistenza al cambiamento, tutte le nostre energie sono
rivolte contro questa forza che è scatenata non da un’esplosione nucleare, da
una guerra, un terremoto o uno tsunami. Ciò che ci spaventa e contro cui stiamo
lottando è un agente microscopico, qualcosa di invisibile che si muove
nell’aria, che si posa sulle superfici, che ci entra dentro e ci fa ammalare.
E
lo combattiamo con delle armi che, se ci pensiamo bene, rappresentano anch’esse
dei simboli: la mascherina, che protegge gli altri più che noi stessi, ci
invita a filtrare le parole che pronunciamo affinché non feriscano chi ci
ascolta; il sapone e il disinfettante, che detergono le nostre mani, ci
ricordano come le nostre azioni debbano essere sempre pulite e oneste.
Tutto
ciò che sta accadendo è denso di simboli.
Organizziamo
pure la didattica a distanza, facciamo pure le lezioni nella nostra stanza on
line, cerchiamo tutti i modi per stare vicini e far sentire agli altri la
nostra solidarietà, il nostro calore, la nostra amicizia, ma non
dimentichiamoci mai che l’insegnamento più vero e profondo avviene nella nostra
stanza interiore e ce lo offre, adesso e sempre, ciò che ciascuno coglie nel
presente.