disegno di Marie Cardouat
Eppure il contatto con
persone di cultura non europea rivela l’esistenza di altri modi di pensare o di
essere nel mondo. Gli indiani americani o i popoli appartenenti a culture
asiatiche tradizionali (come i cinesi o i tibetani), considerandosi una
semplice parte di una più vasta unità in cui tutte le esistenze sono collegate
tra loro, percepiscono le loro azioni in maniera radicalmente diversa: non si
ritengono individui che agiscono su un mondo separato e oggettivo, ma parti di
una ragnatela di interazioni soggettive.
Per agire
efficacemente all’interno di queste culture si richiede dunque la capacità di
scegliere il momento più adatto, di analizzare il proprio atteggiamento, di
sollecitare e di utilizzare il sostegno della comunità di appartenenza, e di
comprendere, se possibile, la volontà divina. In esse sopravvive l’usanza di
consultare le stelle o di recarsi dall’anziana del villaggio prima di compiere
un passo decisivo; agire, seconda tale concezione, comporta un procedere umile
e prudente.
Un simile modo di
pensare, per cui l’esperienza individuale e soggettiva dell’interazione con il
mondo è più importante del dominio individuale sull’ambiente ottenuto in base
alla legge di causa ed effetto, determina uno stile di vita che “incorpora” senza
sforzi le situazioni in cui il caso è significativo.
Robert
H. Hopcke, Nulla
succede per caso, Milano 2003, p. 32.