Nel racconto Davanti alla legge, scritto pochi anni
prima [da Kafka], nel 1914, è un eccesso di attesa ad essere messo sotto
accusa. Il protagonista, un «uomo di campagna», si attrezza per sostare a lungo
davanti alla porta della Legge. Quella porta, in realtà, non è chiusa. Ma
l'uomo si lascia distrarre, non pretende di oltrepassarla, non forza la
situazione. Si limita a porre qualche domanda al guardiano, «risolve di
attendere finché non abbia ottenuto il permesso di entrare. Il guardiano gli dà
uno sgabello, e lo lascia sedere da un lato, presso la porta. Là resta seduto
per giorni, e per anni». Non gli viene in mente di prenderselo, quel permesso;
non immagina che quel permesso, forse, è un suo diritto; che, addirittura,
quella porta attraverso cui si accede al luogo della Legge, il cui ingresso per
lunghi anni nessuno aveva chiesto di varcare, era destinata a lui soltanto. E
nel momento in cui – troppo tardi – lo apprende, il guardiano chiude i
battenti, e per sempre. «Nessun altro poteva passare di qui, perché questa
entrata era destinata a te soltanto. Ora vado a chiuderla».
Un eccesso di
pazienza – l'assenza di curiosità, di impeto, di pretesa – può perdere per
sempre la vita di un uomo.
Gabriella
Caramore,
Pazienza, Il Mulino, Bologna 2014, 9-10