Nonna Maria ha 87
anni e vive sola, passando ore al lavoro di maglia o guardando la tv. Da
qualche tempo però si è stancata dei programmi che vengono trasmessi: le
sembrano “insulsi”. Le ho procurato allora un lettore DVD: dopo il primo film,
si è appassionata talmente da chiedermene subito altri. Le ho portato “Il
Concerto” di Radu Mihaileanu. Il giorno dopo, l’ho vista alquanto perplessa: “Bella
la musica, ma poco movimento in quel film!”. Non capivo: “Il Concerto” non è di
sicuro un film d’azione, ma i protagonisti viaggiano per l’Europa in lungo e in
largo, e la nonna non è certo un tipo da Matrix.
La cosa non quadrava e le ho chiesto spiegazioni. “Sono stata per un’ora a
guardare l’orchestra che suonava, ma erano tutti sempre fermi e così alla fine
mi sono stancata e sono andata a letto”. Nonna Maria è stata per un’ora a
guardare il menu iniziale, senza mai pigiare il tasto Play che avrebbe dato
inizio al film. Le ho spiegato come usare il telecomando e ora la nonnetta si
gode i film dall’inizio alla fine e non rimane più imbambolata di fronte ai
titoli di testa.
Ho pensato a quante
volte, noi incontriamo le persone e parliamo con loro senza mai pigiare il
tasto Play; senza vedere quella scintilla che lampeggia negli occhi e ci invita
a entrare; senza pronunciare quell’apriti sesamo che d’incanto spalancherebbe
il cuore di chi abbiamo di fronte. Troppo spesso rimaniamo in superficie, forse
per la paura di venire coinvolti nel film che l’altro sta vivendo, oppure
perché troppo occupati a vivere il nostro. Accettare di entrare nel film di
un’altra persona significa affacciarsi su un orizzonte sconosciuto e denso di
novità. Se volessimo tradurre in italiano l’immagine del tasto Play, dovremmo
usare la parola empatia.
In qualche zona
dell’America Latina, al posto dell’anonimo e scontato “Come stai?”, potreste
sentirvi chiedere: “Come sta oggi il tuo cuore?”. Una domanda del genere mi fa
capire che l’altro c’è, che è qui per me ed è pronto a entrare nel mio film.
Talvolta è un dono,
più spesso l’empatia è frutto di volontà e di esercizio. Entrare nel film di
chi abbiamo di fronte è difficile e faticoso. La maggior parte delle volte si è
disturbati già a partire dai titoli di testa: i modi di porsi e le espressioni
dell’altro ci irritano e la relazione viene ostacolata.
E così si rimane
sulla soglia, senza accettare l’invito a entrare. Si giudica la casa, senza
avervi nemmeno messo piede. Si tengono strette le braccia e rattrappite le
dita, quando l’altro avrebbe bisogno di una stretta sincera e onesta. Se in
quei momenti avessimo la forza e la lucidità di pigiare il tasto Play, capiremmo
che forse l’arroganza e le pretese nascondono un’accorata richiesta di riconoscimento,
di ascolto e di aiuto.
Auguro a tutti voi, e
a me stesso, la forza di arrivare a sfiorare il tasto Play, e di avere, con un
sorriso, il coraggio di pigiarlo.
Francesco
Callegari, 23 settembre 2015