Che si possa parlare
di una crisi del mondo moderno, prendendo la parola «crisi» nel suo significato
più comune, è cosa che i più ormai non mettono in dubbio; e, almeno a questo
riguardo, si è prodotto un mutamento abbastanza sensibile rispetto al periodo
che immediatamente ci precede: per la forza stessa degli avvenimenti, certe
illusioni cominciano a dissiparsi e noi, da parte nostra, non possiamo che
rallegrarcene, poiché, malgrado tutto, in ciò si ha un sintomo già buono,
l’indizio di una possibilità di rettificazione della mentalità contemporanea,
qualcosa che appare come una debole luce in mezzo al caos attuale.
È così che la fede in
un «progresso» indefinito, prima considerata come una specie di dogma
intangibile e indiscutibile, non è più ammessa così generalmente.
Alcuni intravvedono
più o meno vagamente, più o meno confusamente, che la civiltà occidentale, invece
di continuare sempre a svilupparsi nello stesso senso, potrebbe pur subire un
giorno un arresto o perfino crollar del tutto per via di qualche cataclisma.
René Guénon,
La crisi del mondo moderno, Parigi 1927,
ed. it. Roma 1972