Qualche mese fa,
durante le lunghe piogge di luglio, il tuono mi svegliò dopo mezzanotte. Mi
rizzai a sedere sussultando. Ma Krishnan era tranquillo. Nel sonno appariva
così fragile, così bello, solo i lampi lo illuminavano per me. C’è solo un
compito importante per tutti noi. Gli tirai le lenzuola sul petto e chiusi la
finestra. E quel compito è amare onestamente, con cuore attento, lasciando che
gli inesplicabili istinti dell’amore prendano il sopravvento su di noi. Mi
distesi al suo fianco, sapendo che se non mi fossi risvegliata, il mio lavoro,
almeno per questa vita, era fatto.
Siddharth
Dhanvant Shanghvi, L’ultima
canzone, Milano 2004, p. 279