Foto Intestazione di Alberto Gianfranco Baccelli

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Non insegnate ai bambini, ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all'amore, il resto è niente - Giorgio Gaber

mercoledì 31 agosto 2016

FREE SCHOOL, FREE LIFE 1/2 – Giorgio Vittadini


La “Buona Scuola" varata undici mesi fa dal governo Renzi non è stata ancora digerita da gran parte del mondo dell'istruzione. La riforma contiene timidissimi passi in avanti nell'offrire un po' di autonomia alla scuola di Stato (ad esempio attraverso la possibilità di reclutamento diretto degli insegnanti da parte dei presidi e la valorizzazione del merito dei docenti) e un po' di parità in più attraverso modestissime detrazioni per chi manda i figli alla scuola libera. Sappiamo che il processo di riforma di cui ha bisogno la scuola italiana riguarda molti altri aspetti, ma gli elementi appena citati sono decisivi, più di quello che si è portati a credere. E non è difficile constatarlo: basta guardare cosa sta succedendo nel resto del mondo, in quei Paesi cosiddetti sviluppati di cui ci limitiamo spesso a imitare altri aspetti ma, chissà perché, non il cambiamento nel mondo della scuola.
Paesi come il Regno Unito, ad esempio. Lì da alcuni anni sono nate le free school, una sorta di "terza via" tra pubblico e privato: scuole pubbliche, ma gestite da privati. Ne esistono anche negli Stati Uniti, si chiamano charter school e sono sorte con la stessa esigenza delle free school inglesi: elevare la qualità di un sistema educativo, quello statale, che aveva e ha evidenti difficoltà. Ma anche sviluppare progetti educativi innovativi.
Sostanzialmente sono tutte un esempio di autonomia nella gestione economica ed educativa, qualcosa che fa sembrare uomini della preistoria i difensori della "scuola unica": statale centralista, burocratica, immutabile, e alla fine inefficiente e iniqua verso i meno abbienti, se è vero che ad esempio in Italia genera circa un milione e mezzo di abbandoni all'anno.
Le prime "scuole libere" inglesi, 24 in tutto, sono nate nel 2011. Nel 2015 erano già oltre 400. Qualunque associazione di tipo laico o religioso (con attenzione a monitorare ed escludere impostazioni fondamentaliste), gruppo di famiglie o insegnanti, comunità di quartiere, può aprirne una, dopo aver presentato al ministero dell'istruzione un piano didattico ed economico (rigorosamente non profit) sostenibile per la durata di dieci anni.
Se approvato, il progetto viene finanziato con una quota significativa dallo Stato e in caso di ulteriore bisogno, sostenuto con raccolte fondi. Molte di queste scuole sono, infatti, gratuite, ma a volte si rende necessario il pagamento di una retta, soprattutto per attrarre insegnanti con alto grado di qualifica. Perché rivoluzionari sono anche i criteri di reclutamento: la scuola assume l'insegnante che ritiene più opportuno, quello con il miglior background e le specificità necessarie per il ruolo che dovrà ricoprire, reclutandolo anche tramite un semplice annuncio su giornale. Per queste scuole funziona poi lo stesso severo regime di controllo della qualità che vale per tutto il sistema educativo britannico.
continua…


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