A essere civili? A
controllare le parole che pronunciamo, irrimediabili? A raccontare storie che
ci fanno abbracciare?
A ricordare. Quel che
molti ci hanno offerto. E i desideri che frullavano le nostre mattine. Senza
misura e durata. Promesse di tutte le creazioni possibili.
A ostinarsi, a non
lasciare che la furia d'esistere di cui ci sapevamo felicemente impastati si
lasci sfumare dall'abitudine a pensare pensieri banali, desideri di tutti,
circoscritti di sicurezze, troppo presto diventati cemento di muri alla cui
ombra adattarsi, invece che pensieri dispersi, consegnati e ritornati freschi
con la grazia e la larghezza di un campo di nuovo fiorito senza sforzo alcuno
dalla polvere invernale.
Ricominciare dopo
essere stati frodati di tutto, incompiuti, inflitti, mancanti, senza un bene da
rivendicare, un bambino da accudire e grazie al quale dimenticarsi. Senza
essere eroi, con la grazia unica, tutta nostra, ricevuta e forse per un poco
dimenticata, di poter osare tutta la libertà, santi non necessariamente, ma
divini sì, in quella vita che è per sempre nostra, forza, luce, in fondo,
dentro, che esce quando non l'aspettiamo, ma la vogliamo, e ci fa ricominciare
quando tutto sembrava perduto.
Mariapia
Veladiano, Ma come tu
resisti, vita, p. 50.